Titolo: La seconda morte di Mallory
Autore: Reinhold Messner
Editore: Bollati Boringhieri
Collana: Varianti
Pagine: 236
Prezzo: 16,50 euro
Descrizione:
Nel
1924, lo scalatore inglese George Mallory, insieme al compagno Andrew
Irvine, tentò la prima conquista dell’Everest. Entrambi morirono
nell’impresa – erano al terzo tentativo – ma nessuno ha mai saputo con
certezza se prima o dopo aver raggiunto
la cima. Di
sicuro, entrambi furono avvistati a circa
250 metri
dalla vetta, prima che scomparissero per
sempre dietro alle nubi. Poi, nel 1999, il ritrovamento del corpo
perfettamente conservato di Mallory ha riproposto questa storia
leggendaria. Purtroppo Mallory non aveva con sé la macchina fotografica
che avrebbe potuto confermare o meno il compimento dell’impresa: non fu
mai ritrovata neppure la foto della moglie che intendeva lasciare sulla
cima a testimonianza della sua conquista.
Reinhold
Messner, il più grande scalatore vivente, celebre tra l’altro per aver
compiuto la prima ascensione dell’Everest senza ossigeno e in solitaria,
proprio sulla parete tentata da Mallory sessant’anni prima, affronta
l’enigma della fine del suo predecessore, e ci offre una ricostruzione
insieme documentata e romanzesca. Attraverso la vicenda pionieristica di
Mallory, riletta alla luce della propria esperienza e ricostruita al di
là del mito, l’autore di questo racconto appassionante accompagna il
lettore sulla scena himalayana, quando era ancora sede d’imprese
eroiche, prima che diventasse meta turistica per comitive. E fornisce,
forse, la soluzione dell’enigma.
L'autore:
Reinhold Messner,
uno dei più grandi alpinisti viventi, vive tra Merano e Schloss Juval,
in Val Senales (Alto Adige), dove cerca di mettere in pratica le sue
idee sull’uso ecocompatibile della montagna. Tra i suoi libri: La montagna nuda. Il Nanga Parbat, mio fratello, la morte e la solitudine(2003), K2 Chogori. La grande montagna (2004), La montagna a modo mio (2009), Grido di pietra. Cerro Torre, la montagna impossibile (2009), Razzo rosso sul Nanga Parbat (2010), Parete ovest. La montagna senza compromessi (2011), On top. Donne in montagna (2012). Per Bollati Boringhieri ha pubblicato Salvate le Alpi (2001).
La mia recensione:
A metà tra il saggio e la letteratura di viaggio, La seconda morte di Mallory ripercorre
la storia di una grande impresa: il primo tentativo di scalata del monte
Everest.
Fu nel 1924 che lo scalatore inglese George Mallory, insieme
al suo secondo Andrew Irvine decise di conquistare la montagna più alta del mondo.
Quel che si sa per certo è che si avvicinò di parecchio alla meta perché
l’ultima volta che fu avvistato era a soli 250 metri dalla vetta,
subito dopo però se ne persero le tracce e da quel punto in poi la sua vicenda
rimane avvolta nel mistero.
Mallory e Irvine non fecero più ritorno a casa. Tanto bastò
per ottenere la certezza che fossero morti entrambi, benché i corpi non fossero
stati ritrovati. Quel che rimaneva impossibile da verificare era l’esito stesso
dell’impresa.
I due scalatori morirono in fase di discesa, dopo aver
toccato la vetta o prima ancora di raggiungerla?
Quando nel 1999 fu ritrovato il corpo di Mallory, il
dibattito si riaccese sulla base dei nuovi indizi a disposizione ma, ancora una
volta, nessuno fu in grado di fornire risposte univoche. Purtroppo la macchina
fotografica dell’alpinista non fu ritrovata con il cadavere e, solo il rullino
in essa contenuto avrebbe potuto fornire al mondo una prova schiacciate.
Oggi è Messner, uno dei più grandi scalatori viventi, a
ricostruire l’intera vicenda e a proporci la soluzione dell’enigma in questo
libro che, per gli appassionati di alpinismo sarà sicuramente un gioiellino
imperdibile.
L’autore prende le mosse da una solida base documentale.
Sono gli ultimi appunti scritti da Mallory, e le sue lettere indirizzate ai
compagni che, unitamente ai dati geografici e alle conoscenze alpinistiche
dell’epoca estrapolate dalla ricchissima letteratura in materia, costituiscono
il terreno su cui costruisce il suo percorso speculativo. Il vero valore
aggiunto è dato però dalla sua personale esperienza sul campo. Messner non ha
semplicemente studiato sulla carta ma ha rivissuto in prima persona
un’esperienza simile a quella del suo predecessore perché lui l’Everest, negli
anni ’80, l’ha scalato sul serio, in solitaria e senza bombole di ossigeno. Ciò
gli consente una rilettura lucida quanto sentita dell’intera avventura, una
ricostruzione realistica che può vantare una doppia prospettiva sull’insieme: quella
esteriore, fornita dall’analisi dei documenti, e quella interiore, fornita dal
vissuto personale.
A rendere oltremodo vibrante il racconto di Messner è
proprio la sua possibilità di immedesimazione che finisce per sorreggere una
particolarissima struttura narrativa. Il testo infatti si articola in tre voci:
quella dei documenti − fedelmente, riprodotti −, quella del narratore − che a
partire dagli stessi racconta la cronaca degli avvenimenti − e quella di Mallory che si racconta in prima
persona.
Compiendo un’operazione ardita, egli dà voce allo scalatore
morto, consentendo al suo fantasma di inserirsi nella narrazione per condividere
il suo stato d’animo e perché no, per provocare, a volte, quanti si accostano
al mistero della sua morte.
Messner sembra immaginare Mallory come uno spirito inquieto,
un morto a cui la curiosità, a volte morbosa, del pubblico, non ha concesso il
meritato riposo.
Mentre si delineano i contorni di un’impresa epica, degna
del più avvincente romanzo di avventura, affiorano infine le deduzioni dell’autore che, anche in
assenza della famosa macchina fotografica, sente comunque di poter dire, una
volta per tutte, come sono andate le cose.
Ma è così determinante saperlo?
Leggendo questo libro si comprende che, forse, l’impresa ha
più valore del suo stesso esito. Quel che fa di Mallory un mito dopotutto, non
è tanto l’aver conquistato o meno la
vetta quanto l’aver sacrificato la sua stessa vita nel tentativo di
raggiungerla, l’aver avuto il coraggio di provarci e l’aver spianato, in parte,
la strada per quelli che ci hanno provato dopo.
Lì dove il monte Everest è metafora dell’impossibile, Mallory è la personificazione dell’aspirazione.
Non essendo una sportiva né tantomeno un’appassionata di
montagna, mi sono accostata da profana a
questo libro. Non sapevo assolutamente cosa aspettarmi e devo ammettere di
esserne rimasta piacevolmente sorpresa; la lettura si è rivelata molto
interessante, mi ha permesso di imparare cose nuove e di affacciarmi idealmente
su un universo che non avrei mai immaginato di esplorare.
Lo consiglio dunque tanto a chi è tentato dalle alte vette
quanto a chi, come me, preferisce rimanere a bassa quota ma non disdegna di
visitare nuovi mondi, fosse anche con il solo potere dell’immaginazione.
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