oggi ho il piacere di pubblicare l'intervista rilasciata da Jessica Brody, autrice di Violet la settimana scorsa al Salone Internazionale del Libro di Torino.
Ringrazio Antonella Pinto dell'Ufficio Stampa di Fanucci/Leggereditore per avermi concesso l'opportunità di condividerla con tutti voi.
Vi anticipo che a breve organizzerò anche un Giveaway che vi darà l'opportunità di vincere una delle copie autografate dall'autrice proprio in occasione della sua venuta in Italia.
Intervista
Ciao
Jessica, parlaci di “Violet”.
Come hai avuto l’idea?
Da cosa sei stata ispirata?
Come hai avuto l’idea?
Da cosa sei stata ispirata?
Nel
2009 ho letto la notizia di una ragazza sopravvissuta a un incidente aereo,
aveva 14 anni, tutti gli altri passeggeri morirono e lei fu l’unica
sopravvissuta. È stato un evento grave, strano; non esiste alcuna spiegazione
su come sia stata l’unica sopravvissuta se non un miracolo. Mi sono posta delle
domande come, per esempio, cosa è accaduto alla sua memoria in un momento
simile? Era in grado di ricordare il proprio nome o qualche altra cosa? Cosa
sarebbe accaduto se il suo nome non fosse comparso sulla lista passeggeri e le
sue impronte digitali non fossero state registrate? Mi sono anche chiesta cosa
sarebbe successo se lei avesse avuto dei poteri sovrumani. La domanda più
importante è stata: qual è la vera ragione per cui è sopravvissuta
all’incidente? Queste sono le domande che mi hanno spinta a scrivere il libro.
C’è una ragione precisa dietro la scelta di una
protagonista femminile?
Ci
sono due ragioni per le quali ho scelto una protagonista femminile. La prima,
la più importante, è che io amo leggere storie di giovani donne dal carattere
forte. Per questo motivo ho creato il personaggio di una ragazza superiore ma,
allo stesso tempo, fragile. Il secondo motivo è che, da donna, questa scelta mi
ha permesso di interfacciarmi al meglio con il personaggio. Penso anche che ci
siano molti libri con protagonisti maschili e che sia ora di dare voce a più
personaggi femminili.
Se potessi entrare nel tuo libro, quale personaggio
ti piacerebbe incontrare?
Credo
che mi piacerebbe incontrare Cody, il fratello adottivo. Credo che sia un
personaggio molto divertente e con una grande personalità.
Hai un qualche particolare oggetto che ti ha tenuto
compagnia durante la stesura del libro?
Sono stata a Disney
World e ho comprato un tazza da tè. Sono una sognatrice e mi piace fantasticare
sulle cose: la chiamo “la mia tazza magica” e ho convinto me stessa che in
qualsiasi momento io beva caffè o tè da quella tazza è come se bevessi un succo
magico. Ogni giorno mi siedo, sorseggio e aspetto l’ispirazione per scrivere.
Quali canzoni ascoltavi durante la stesura del
libro?
Non ricordo con
precisione, solo alcune: Save me di Eminem, A Thousand Years di
Christina Perri, Treacherous Taylor Swift.
Se ti venisse chiesto di salvare un ricordo, prima
che la tua memoria venga cancellata, quale salveresti?
Nel
libro Seraphina non ricorda la propria identità e cerca di ricordare. Alla fine
credo che se la tua memoria viene cancellata, o la perdi sarà sempre una voce
vera, a tua, dentro di te. E in quella bisogna sempre credere.
In questo periodo le trilogie vanno di moda. Il primo
libro finisce sempre con un colpo di scena irrisolto, mentre tu hai deciso di
scrivere un finale del primo libro soddisfacente. Perché questa scelta?
È una domanda molto
interessante. L’idea di concludere un romanzo con un colpo di scena finale che
si collega a un secondo libro è utile e affascinante ma, dopo averci pensato,
ho deciso di dare una conclusione alla storia, di dare a chi legge la
soddisfazione che merita. Mi rende molto felice sentire che i lettori hanno
apprezzato questa scelta.
Cosa pensi si dovrebbe fare per avvicinare nuovi
lettori ai libri e in special modo ai tuoi romanzi?
Mentre
crescevo, durante l’adolescenza, non ero una grande lettrice, ho iniziato a
leggere molti libri intorno ai 20 anni. Per me è molto importante scrivere libri
e renderli leggibili sia per le persone a cui piace molto leggere sia per le persone che non leggono molto. Per
fare ciò ho costruito ogni personaggio con una evoluzione veloce , ogni
personaggio ha una sua piccola auto-conclusione o qualcosa che fa capire che la
sua storia continuerà.
Le
persone che leggono il mio libro lo fanno come se vedessero un film, quindi ho
voluto scrivere tenendo un ritmo veloce. Penso che ogni tipologia di libro
potrebbe avere appeal presso i lettori
meno “forti” se si tenesse un ritmo alto della narrazione, così da essere
percepito più come un film che come un libro.
Violet è intrappolata in un mondo che non riconosce.
Pensi che oggi siamo nella stessa condizione? Quali sono le ragioni di questo
“comune disagio”?
Credo
che Violet si senta intrappolata così come si sentono i ragazzi, maschi e
femmine, che attraversano l’età dell’adolescenza. Violet non è consapevole
delle sue potenzialità, in realtà lei è forte più di chiunque altro. Penso che
i ragazzi e le ragazze di quest’età non si sentano mai “abbastanza” in ogni
tipo di situazione. Quindi in un certo senso sì, credo che questa storia sia
anche una metafora dei nostri tempi.
Il tuo libro è stato opzionato per il cinema, hai
paura che la tua storia verrà travisata?
Non
ho paura che la storia possa essere travisata, perché un libro è una cosa
diversa da un film. A volte cambiare qualcosa per adattare un libro al film può
essere buono, a volte no. Ma credo che sia interessante spendere del tempo a
lavorare su questo tipo di trasposizione, posso imparare molto dal mondo del
cinema. In ogni caso, qualunque sia l’esito cinematografico, ciò di cui sono
certa e mi rande tranquilla è il fatto che il libro non cambierà, rimarrà lo
stesso anche se il film sarà terribile (ma non penso), il libro è ancora quello
che le persone hanno letto. Una volta visto il film si può sempre tornare al
libro, leggerlo e rileggerlo.
Sei coinvolta in qualche modo nella sceneggiatura?
Sono
coinvolta nel senso che leggerò la sceneggiatura quando sarà finita, potrò
porre questioni e proporre cambiamenti, se lo riterrò necessario. Questo è un
processo molto delicato e le persone che stanno lavorando alla trasposizione
sono persone che lavorano nel settore cinematografico da molto tempo, quindi
aspetto di vedere cosa ne verrà fuori.
Alcune domande più personali: come hai deciso di
diventare una scrittrice full time?
Volevo
essere una scrittrice già da molto piccola, prima che mi piacesse leggere. Così
ho iniziato a creare mondi, intrecci, che non facevo leggere a nessuno. Durante
l’adolescenza sentivo di avere un guscio molto piccolo, così ho iniziato a
leggere cose che ho amato, anche se c’era qualcosa che non mi soddisfaceva del
tutto.
A
livello pratico ho iniziato a scrivere all’età di sette anni perché avevo una
maestra a scuola che ci chiedeva di comporre un paragrafo sui libri che
leggevamo, la trovavo una cosa molto semplice in confronto alle altre materie
scolastiche.
Ci sono molte blogger, fan e lettrici che amano il
tuo libro, la maggior parte sono molto giovani tantissime vorrebbero diventare
scrittrici. Che consigli puoi dar loro? Qual è la tua esperienza?
Credo
che diventare scrittrici sia come diventare dottori o avvocati, ci sono anche
passaggi noiosi.
Per
uno scrittore la cosa più difficile, secondo me, è finire un libro. Sviluppare
e terminare un libro è molto difficile a differenza di iniziare un libro, che è
molto semplice: hai una grande idea, sei ispirata, ami quello che scrivi e
pensi che stai scrivendo la cosa migliore del mondo. Poi arrivi a pagina 50, 60
, 70 e pensi che ciò che hai scritto sia
orribile, non finirai mai il libro. Poi,
però, succede qualcosa, nel tuo cervello: hai una nuova idea che è una gran
buona idea, e ritorna la fiducia nella scrittura, pensi che riuscirai a finire.
Credo sia sempre importante finire sapendo che puoi avere un altro milione di
buone idee. E vorrei aggiungere una cosa: non c’è niente di più sexy che avere
una nuova idea.
Per
quanto riguarda la mia esperienza avevo iniziato a studiare materie economiche
e lavorare nel mondo della finanza, un altro mondo, ma non ho mai smesso di
esercitare la mia fantasia.
Penso
che si possa insegnare come scrivere ma l’esercizio della fantasia è un
esercizio da compiere ogni giorno.
Per
quanto riguarda i giovani scrittori credo che la cosa più importante sia far
capire loro cos’è lavorare e cosa non è lavorare. Quando si lavora bisogna
insistere quotidianamente ed essere determinati. Questo per me è il decimo
libro ed ora è facile vedere cosa c’è di sbagliato, saper trovare gli errori,
ma poi devo sempre confrontarmi con qualcuno, il mio editor per esempio.
Tra poco i lettori italiani leggeranno il secondo
libro di “Violet”, vuoi dirci qualcosa su ciò che succederà?
Non
dirò molto sul secondo libro, parlerò in codice, ma per chi ha letto “Violet” sarà
facile capire di cosa parlo. Nel primo libro c’è un grande colpo di scena ATTENZIONE SPOILER e alla fine di esso
Seraphina e Zen scappano da un luogo molto importante. Il secondo libro inizia
con il racconto di ciò che avviene sei mesi dopo questa fuga, ovvero il loro
arrivo in un posto speciale. Presto però scopriranno che il posto speciale dove
sono capitati non è così sicuro e perfetto come sembra. Nuovi pericoli li
aspettano. E Diotech, che sta cercando Seraphina, ha uno sviluppo inaspettato farà
accadere qualcosa che forse gli consentirà di incastrare Seraphina per portarla
indietro.
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