Titolo: La Conciliatrice
Autrice: Tina Cacciaglia
Editore: Walkabout Literary Agency
Lunghezza stampa: 144
Prezzo cartaceo: 9,24
Prezzo eBook: 2,99
Descrizione:
Chi ha cercato di uccidere Lorena Sanchèz dal belvedere di Posillipo? La polizia la trova in un dirupo e l’unica sospettata è Titta, la sua grande amica, presente al momento dello strano incidente. Ma Titta è sotto shock. Non ricorda cosa è successo. È stata lei a spingerla in un fossato? E perché?
La Conciliatrice è un romanzo noir al femminile che racconta in maniera vivida e senza censure il percorso che porta le donne che subiscono violenza ad una scelta estrema e paradossale. Le protagoniste sono quattro donne, quattro amiche d’infanzia, Tutte hanno matrimoni disastrosi e nel giro di un anno si ritrovano a essere vedove. I loro mariti muoiono in malaugurati incidenti.
L'autrice:
Tina Cacciaglia. Napoletana, svolge la professione di Conciliatrice presso un Adr (Alternative Dispute Resolution). Ha pubblicato diversi articoli e racconti su giornali e riviste. Nel Concorso Io Scrittore 2011 è risultata vincitrice con il romanzo noir “Il sussurro di Vico Pensiero”, pubblicato nel 2012 in ebook dal Gruppo Mauri Spagnol e nel 2013 in cartaceo per la (Runa Editrice). Sempre per la Runa Editrice, a dicembre 2013 ha pubblicato "La signora della Marra" di cui è coautrice, romanzo storico segnalato per merito al Premio Calvino 2009. Nel giugno 2014 ha pubblicato nell'antologia “Corte nera” (Runa Editrice) il racconto “Gemma”, del quale è in corso la versione cinematografica.
La mia recensione:
Lorena è in coma dopo essere
precipitata dal Belvedere di Posillipo.
Titta è in carcere, sospettata di omicidio: la polizia l’ha ritrovata in stato di shock sul luogo del delitto. La donna non ricorda cosa è accaduto e, per questo, lei stessa non è in grado di dire se è innocente o meno.
Sara è in sala d’aspetto che prega affinché l’una si risvegli e l’altra venga scagionata da un crimine che non può assolutamente aver commesso.
Tre donne accomunate da una grande amicizia, ma non solo, sono le tre protagoniste di questo racconto tutto al femminile.
Lorena, Titta e Sara, infatti, non sono solo i tre elementi chiave del giallo, sono anime legate a filo doppio. Ex compagne di scuola, hanno trascorso insieme gli anni dell’infanzia, si sono perse crescendo e si sono ritrovate da adulte, scoprendo di condividere anche un triste destino. Tutte e tre si sono sposate, ma nessuna di loro ha avuto fortuna con l’altro sesso. Hanno storie diverse ma simili alle spalle, storie di violenza domestica, di solitudine, di soprusi; storie che somigliano anche a quelle di tante altre donne, di cui la cronaca ci parla spesso, il più delle volte a fronte di un tragico epilogo.
In questo caso, però, il destino ha riservato loro un finale insolito, perché l’altra caratteristica che Lorena, Titta e Sara hanno in comune è quella di essere diventate vedove. Il loro incubo, a un certo punto è finito, quasi per miracolo, e hanno potuto concedersi una seconda possibilità, almeno fino a che qualcosa non è andato storto.
Tina Cacciaglia sceglie il noir per affrontare un tema di scottante attualità. Confeziona un mistero che ci tiene col fiato sospeso e nello stesso tempo ci mostra delle istantanee di vita vissuta, immortala con lucidità i momenti che scandiscono il calvario di diverse vittime di violenza, salvo poi guidarci lungo un sentiero immaginario che sfocia nella follia.
Chi ha spinto Lorena e perché? Esiste un nesso tra il suo incidente o tentato omicidio e l’inferno che le tre amiche hanno condiviso? Il fatto che siano vedove di uomini che erano anche i loro aguzzini è davvero solo una coincidenza
Titta ha perso sul serio la memoria o finge di non ricordare? È colpevole o innocente?
Un turbine di interrogativi ci accompagna mentre le voci delle tre donne, che si raccontano in prima persona, ricostruiscono i rispettivi percorsi di vita, fino a giungere al momento presente.
Particolarmente inquietante è la voce di Lorena che, mentre è in coma, sente, ricorda, riflette. Viva ma intrappolata in un corpo che non reagisce: è così che si sente trasmettendoci un profondo senso di claustrofobia. Il racconto delle amiche, non di meno, comunica lo stesso senso di oppressione perché simile, anche se in modo differente, appare lo stato di prigionia e impotenza in cui hanno vissuto fino a che hanno avuto il loro mariti accanto.
La Conciliatrice è un racconto che pulsa al pari di una ferita aperta. Leggendolo non si può fare a meno di ripensare a i numerosi casi di femminicidio di cui, con paurosa frequenza, ci parlano i media. Ripercorrendo le esperienze delle sue protagoniste, l’autrice ci mostra una carrellata di soprusi e umiliazioni che vanno dalla violenza fisica a quella psicologica. Mette e nudo tre anime maltrattate, la loro paura, il loro disagio ma anche il senso di rivalsa, la speranza, la voglia di vivere che in loro riaffiora nel momento in cui si rendono conto di essere di nuovo libere.
La loro è una testimonianza di morte e rinascita, anche se il riscatto passa attraverso il delirio malato di una burattinaia che agisce nell'ombra.
Il piano diabolico che gradualmente viene svelato è gravido di rabbia repressa, ha il sapore di una giustizia fai da te che, in maniera paradossale ed estrema, tenta di sostituirsi a quella ufficiale, troppo spesso assente, inefficace. Chiaramente è un piano votato al fallimento poiché la vedetta non è mai una soluzione, non può cancellare il dolore né restituire gli anni e la libertà perduti; il suo esito lascia un sapore amaro in bocca che non ricorda nemmeno vagamente quello della vittoria, tuttavia lascia anche un’eco che persiste a fine lettura, risuonando come un invito chiaro e forte a non distogliere lo sguardo e a impegnarci tutti affinché certi orrori non si ripetano.
Una storia avvincente e profonda, toccante pur nella sua brevità.
Titta è in carcere, sospettata di omicidio: la polizia l’ha ritrovata in stato di shock sul luogo del delitto. La donna non ricorda cosa è accaduto e, per questo, lei stessa non è in grado di dire se è innocente o meno.
Sara è in sala d’aspetto che prega affinché l’una si risvegli e l’altra venga scagionata da un crimine che non può assolutamente aver commesso.
Tre donne accomunate da una grande amicizia, ma non solo, sono le tre protagoniste di questo racconto tutto al femminile.
Lorena, Titta e Sara, infatti, non sono solo i tre elementi chiave del giallo, sono anime legate a filo doppio. Ex compagne di scuola, hanno trascorso insieme gli anni dell’infanzia, si sono perse crescendo e si sono ritrovate da adulte, scoprendo di condividere anche un triste destino. Tutte e tre si sono sposate, ma nessuna di loro ha avuto fortuna con l’altro sesso. Hanno storie diverse ma simili alle spalle, storie di violenza domestica, di solitudine, di soprusi; storie che somigliano anche a quelle di tante altre donne, di cui la cronaca ci parla spesso, il più delle volte a fronte di un tragico epilogo.
In questo caso, però, il destino ha riservato loro un finale insolito, perché l’altra caratteristica che Lorena, Titta e Sara hanno in comune è quella di essere diventate vedove. Il loro incubo, a un certo punto è finito, quasi per miracolo, e hanno potuto concedersi una seconda possibilità, almeno fino a che qualcosa non è andato storto.
Tina Cacciaglia sceglie il noir per affrontare un tema di scottante attualità. Confeziona un mistero che ci tiene col fiato sospeso e nello stesso tempo ci mostra delle istantanee di vita vissuta, immortala con lucidità i momenti che scandiscono il calvario di diverse vittime di violenza, salvo poi guidarci lungo un sentiero immaginario che sfocia nella follia.
Chi ha spinto Lorena e perché? Esiste un nesso tra il suo incidente o tentato omicidio e l’inferno che le tre amiche hanno condiviso? Il fatto che siano vedove di uomini che erano anche i loro aguzzini è davvero solo una coincidenza
Titta ha perso sul serio la memoria o finge di non ricordare? È colpevole o innocente?
Un turbine di interrogativi ci accompagna mentre le voci delle tre donne, che si raccontano in prima persona, ricostruiscono i rispettivi percorsi di vita, fino a giungere al momento presente.
Particolarmente inquietante è la voce di Lorena che, mentre è in coma, sente, ricorda, riflette. Viva ma intrappolata in un corpo che non reagisce: è così che si sente trasmettendoci un profondo senso di claustrofobia. Il racconto delle amiche, non di meno, comunica lo stesso senso di oppressione perché simile, anche se in modo differente, appare lo stato di prigionia e impotenza in cui hanno vissuto fino a che hanno avuto il loro mariti accanto.
La Conciliatrice è un racconto che pulsa al pari di una ferita aperta. Leggendolo non si può fare a meno di ripensare a i numerosi casi di femminicidio di cui, con paurosa frequenza, ci parlano i media. Ripercorrendo le esperienze delle sue protagoniste, l’autrice ci mostra una carrellata di soprusi e umiliazioni che vanno dalla violenza fisica a quella psicologica. Mette e nudo tre anime maltrattate, la loro paura, il loro disagio ma anche il senso di rivalsa, la speranza, la voglia di vivere che in loro riaffiora nel momento in cui si rendono conto di essere di nuovo libere.
La loro è una testimonianza di morte e rinascita, anche se il riscatto passa attraverso il delirio malato di una burattinaia che agisce nell'ombra.
Il piano diabolico che gradualmente viene svelato è gravido di rabbia repressa, ha il sapore di una giustizia fai da te che, in maniera paradossale ed estrema, tenta di sostituirsi a quella ufficiale, troppo spesso assente, inefficace. Chiaramente è un piano votato al fallimento poiché la vedetta non è mai una soluzione, non può cancellare il dolore né restituire gli anni e la libertà perduti; il suo esito lascia un sapore amaro in bocca che non ricorda nemmeno vagamente quello della vittoria, tuttavia lascia anche un’eco che persiste a fine lettura, risuonando come un invito chiaro e forte a non distogliere lo sguardo e a impegnarci tutti affinché certi orrori non si ripetano.
Una storia avvincente e profonda, toccante pur nella sua brevità.
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