Titolo: È solo una storia d'amore
Autore: Anna Premoli
Editore: Newton Compton
Collana: Anagramma
Pagine: 320
Prezzo: 9,90
Descrizione:
Cinque anni fa Aidan Tyler ha lasciato New York sul carro dei vincitori, diretto verso il sole e il divertimento della California. Fresco di Premio Pulitzer grazie al suo primo libro, coccolato dalla critica e forte di un notevole numero di copie vendute, era certo che quello fosse solo l’inizio di una luminosa e duratura carriera. Peccato che le cose non stiano andando proprio così: il suo primo libro è rimasto l’unico, l’agente letterario e l’editore gli stanno con il fiato sul collo perché consegni il secondo, per il quale ha già incassato un lauto anticipo. Un romanzo che Aidan proprio non riesce a scrivere. Disperato e a corto di idee, in cerca di ispirazione prova a rientrare nella sua città natale, là dove tutto è iniziato. E sarà proprio a New York che conoscerà Laurel, scrittrice di romanzi rosa molto prolifica. Già, “rosa”: un genere che Aidan disprezza. Perché secondo lui quella è robaccia e non letteratura. E chiunque al giorno d’oggi è capace di scrivere una banale storia d’amore… O no?
La mia recensione:
Ho conosciuto Anna Premoli leggendo Come inciampare nel principe azzurro. Il
mio primo approccio con questa autrice non è stato positivo, tanto che non ho
più letto niente di suo fino a che non mi è stato recapitato a sorpresa quest’ultimo romanzo. Devo ammettere che l’ho
preferito di gran lunga all’altro, ma la scintilla non è scattata nemmeno
questa volta.
Protagonisti sono Aidan Tyler e Delilah Dee (alias Laurel Miller). Entrambi sono scrittori ma riconducibili a due generi molto diversi tra loro. Lui nasce come giornalista, ha vinto il premio Pulitzer e ottenuto grandissimi consensi con il suo mainstream d’esordio. Fomentato dal grande successo e da un anticipo da capogiro, ha lasciato il suo lavoro al giornale per dedicarsi alla narrativa – impegnata – a tempo pieno. Peccato che d’improvviso la sua vena artistica sembra essersi esaurita. Sono trascorsi ormai cinque anni da quando il primo libro è stato pubblicato, cinque anni di spasmodica attesa per l’editore e l’editor, nonché amico, Norman Morrison, ma l’ispirazione ancora non è tornata. Lo schermo bianco è sempre lì a preannunciare il fallimento definitivo.
Lei è una prolifica scrittrice di rosa. Ha partorito ben dodici bestseller e si accinge a scrivere il successivo. Unico suo cruccio è quello di essere considerata un’autrice di serie B a causa del genere che etichetta la sua produzione.
Tutto comincia quando i due colleghi si incontrano per caso in un bar e finiscono per scontrarsi proprio a causa delle loro opinioni discordanti in materia di letteratura. Aidan non conosce Laurel e, chiacchierando con lei, commette la gaffe di esprimere tutto il suo disprezzo per i romance. L’incidente, di lì a poco, si trasforma in una vera a propria sfida lanciata da Delilah Dee al vanesio premio Pulitzer. Giacché sostiene che scrivere una storia d’amore sia facilissimo, al punto che chiunque ne sarebbe capace, perché non dimostralo scrivendone uno di proprio pugno? Magari sarebbe anche l’occasione giusta per porre fine al blocco, visto che non ha idee migliori, e riuscire a consegnare un manoscritto all’editore in tempo utile, evitando di dover restituire l’anticipo già incassato.
Aidan accetta, senonché ben presto si rende conto di essere stranamente ispirato proprio dalla collega che detesta. Ogni incontro/scontro con Laurel gli fornisce l’input per riempire diverse pagine, in sua assenza la magia si interrompe. Sarà così che, pur di portare a termine il progetto, l’uomo farà di tutto per trascorrere quanto più tempo possibile con l’odiosa musa ispiratrice.
Come da cliché, la reciproca antipatia si trasformerà in un folle amore…
Sebbene la parte prettamente romance sia assolutamente prevedibile e non riservi alcuna sorpresa, l’dea di fondo è intrigante, in particolar modo per chi ama il mondo dei libri e della scrittura, perché giocano un ruolo fondamentale nella storia. Il dibattito sulla narrativa rosa, con le polemiche e i pregiudizi che si trascina dietro, è sempre presente ed è ben sviscerato. In effetti, più che “solo una storia d’amore”, il romanzo si rivela una vera e propria apologia del romance. Questo aspetto rappresenta il vero elemento di novità, perché arricchisce il classico canovaccio di genere con dei momenti di riflessione, affrontando peraltro una tematica di indubbio interesse (almeno per gli appassionati). La pecca, secondo me, sta nel fatto che l’autrice – probabilmente perché coinvolta sul piano personale – sembra lasciarsi prendere la mano e insistere un po’ troppo sul tema, diventando ripetitiva. Pur condividendo in pieno le sue opinioni, espresse per bocca della protagonista femminile, ho trovato il testo quasi didascalico in alcuni tratti e questo ha mitigato parecchio il mio coinvolgimento emotivo.
Lo stile scorrevolissimo, brillante e pregno di ironia riesce a compensare comunque il senso di noia causato dal ripetersi continuo degli stessi concetti e a strappare più di qualche sorriso.
Una lettura godibile nel complesso, consigliabile per concedersi qualche ora di svago, oltre che una piccola pausa di riflessione sui pregiudizi legati al mondo dell’editoria, ma non tale da lasciare il segno o scatenare grandi emozioni.
Protagonisti sono Aidan Tyler e Delilah Dee (alias Laurel Miller). Entrambi sono scrittori ma riconducibili a due generi molto diversi tra loro. Lui nasce come giornalista, ha vinto il premio Pulitzer e ottenuto grandissimi consensi con il suo mainstream d’esordio. Fomentato dal grande successo e da un anticipo da capogiro, ha lasciato il suo lavoro al giornale per dedicarsi alla narrativa – impegnata – a tempo pieno. Peccato che d’improvviso la sua vena artistica sembra essersi esaurita. Sono trascorsi ormai cinque anni da quando il primo libro è stato pubblicato, cinque anni di spasmodica attesa per l’editore e l’editor, nonché amico, Norman Morrison, ma l’ispirazione ancora non è tornata. Lo schermo bianco è sempre lì a preannunciare il fallimento definitivo.
Lei è una prolifica scrittrice di rosa. Ha partorito ben dodici bestseller e si accinge a scrivere il successivo. Unico suo cruccio è quello di essere considerata un’autrice di serie B a causa del genere che etichetta la sua produzione.
Tutto comincia quando i due colleghi si incontrano per caso in un bar e finiscono per scontrarsi proprio a causa delle loro opinioni discordanti in materia di letteratura. Aidan non conosce Laurel e, chiacchierando con lei, commette la gaffe di esprimere tutto il suo disprezzo per i romance. L’incidente, di lì a poco, si trasforma in una vera a propria sfida lanciata da Delilah Dee al vanesio premio Pulitzer. Giacché sostiene che scrivere una storia d’amore sia facilissimo, al punto che chiunque ne sarebbe capace, perché non dimostralo scrivendone uno di proprio pugno? Magari sarebbe anche l’occasione giusta per porre fine al blocco, visto che non ha idee migliori, e riuscire a consegnare un manoscritto all’editore in tempo utile, evitando di dover restituire l’anticipo già incassato.
Aidan accetta, senonché ben presto si rende conto di essere stranamente ispirato proprio dalla collega che detesta. Ogni incontro/scontro con Laurel gli fornisce l’input per riempire diverse pagine, in sua assenza la magia si interrompe. Sarà così che, pur di portare a termine il progetto, l’uomo farà di tutto per trascorrere quanto più tempo possibile con l’odiosa musa ispiratrice.
Come da cliché, la reciproca antipatia si trasformerà in un folle amore…
Sebbene la parte prettamente romance sia assolutamente prevedibile e non riservi alcuna sorpresa, l’dea di fondo è intrigante, in particolar modo per chi ama il mondo dei libri e della scrittura, perché giocano un ruolo fondamentale nella storia. Il dibattito sulla narrativa rosa, con le polemiche e i pregiudizi che si trascina dietro, è sempre presente ed è ben sviscerato. In effetti, più che “solo una storia d’amore”, il romanzo si rivela una vera e propria apologia del romance. Questo aspetto rappresenta il vero elemento di novità, perché arricchisce il classico canovaccio di genere con dei momenti di riflessione, affrontando peraltro una tematica di indubbio interesse (almeno per gli appassionati). La pecca, secondo me, sta nel fatto che l’autrice – probabilmente perché coinvolta sul piano personale – sembra lasciarsi prendere la mano e insistere un po’ troppo sul tema, diventando ripetitiva. Pur condividendo in pieno le sue opinioni, espresse per bocca della protagonista femminile, ho trovato il testo quasi didascalico in alcuni tratti e questo ha mitigato parecchio il mio coinvolgimento emotivo.
Lo stile scorrevolissimo, brillante e pregno di ironia riesce a compensare comunque il senso di noia causato dal ripetersi continuo degli stessi concetti e a strappare più di qualche sorriso.
Una lettura godibile nel complesso, consigliabile per concedersi qualche ora di svago, oltre che una piccola pausa di riflessione sui pregiudizi legati al mondo dell’editoria, ma non tale da lasciare il segno o scatenare grandi emozioni.
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