benvenuti all'ultima tappa del blogtour dedicato a "Prima della fine" di C.K. Harp, un thriller intrigante ma anche un'appassionante storia d'amore.
Oggi avrete occasione di conoscere un po' più da vicino l'autrice e scoprire qualcosa in più sulla genesi e sulle tematiche affrontate nell'opera, attraverso un'interessante intervista.
Prima di lasciarvi alla chiacchierata virtuale con C.K. Harp vi ricordo che ieri si è concluso il Giveaway associato al tour. In coda al post troverete il nome del fortunato vincitore che si aggiudica una copia del romanzo.
Grazie a tutti per aver partecipato. Buona lettura.
Intervista a C.K. Harp
Benvenuta nel mio
salotto virtuale. C.K. Harp è un nome de
plume, lo dichiari apertamente nella biografia che accompagna i romanzi
recanti questa firma, spiegando anche le ragioni della tua scelta. Ti andrebbe di svelarci
qualcosa di più in proposito? Si tratta di un nome casuale o ha un preciso
significato per te?
Ciao a te, Miriam, e a tutti: è un piacere stare qui! Ti ho
portato un po’ di caffè e la torta al cioccolato, per buon vicinato, ma attenta
che non garantisco per il dolce… Non sempre riescono bene!
Allora… Nome de plume… C.K.Harp è un nome costruito a tavolino, mi piaceva l’idea di avere una doppia iniziale e qualcosa di molto diretto, semplice da ricordare. Non ha un significato specifico, non nell’accezione che tutti vorrebbero dare alla parola “significato”. Ma c’è un motivo per il quale l’ho scelto. Come ho tenuto a dire fin dall’inizio, il mio pseudonimo non è un modo per nascondermi o separare la mia reale identità dal genere che ho deciso di affrontare, ma la maniera più giusta per ricominciare dal principio. Con C.K. ha avuto inizio il mio “anno zero”, la rinascita, mettendo in luce il vero aspetto della mia scrittura, quello che finora avevo lasciato da parte in attesa che i tempi diventassero “maturi”. Oltretutto, com’è ormai lampante, tutti i romanzi sono ambientati all’estero, pertanto mi sembra stupido continuare a usare un nome italiano per contesti tutt’altro che tricolore.
Allora… Nome de plume… C.K.Harp è un nome costruito a tavolino, mi piaceva l’idea di avere una doppia iniziale e qualcosa di molto diretto, semplice da ricordare. Non ha un significato specifico, non nell’accezione che tutti vorrebbero dare alla parola “significato”. Ma c’è un motivo per il quale l’ho scelto. Come ho tenuto a dire fin dall’inizio, il mio pseudonimo non è un modo per nascondermi o separare la mia reale identità dal genere che ho deciso di affrontare, ma la maniera più giusta per ricominciare dal principio. Con C.K. ha avuto inizio il mio “anno zero”, la rinascita, mettendo in luce il vero aspetto della mia scrittura, quello che finora avevo lasciato da parte in attesa che i tempi diventassero “maturi”. Oltretutto, com’è ormai lampante, tutti i romanzi sono ambientati all’estero, pertanto mi sembra stupido continuare a usare un nome italiano per contesti tutt’altro che tricolore.
Parliamo del tuo
nuovo libro: Prima della fine. Com’è
nata l’idea?
L’idea di Prima della fine, e sembra un cliché, ma non lo è,
parte dal nulla. In questo caso, a differenza di Sono solo un ricordo, la trama
è arrivata in un lampo nel momento in cui ho adocchiato la cover. Ebbene sì: è
stata l’immagine di copertina ad avermi ispirata. Inizialmente doveva trattarsi
di una semplice novella per San Valentino, ma più andavo avanti nella stesura,
più i personaggi prendevano possesso
della storia, reclamando attenzione. Arrivata alla fine della prima stesura, è
stato naturale fare in modo che ci fosse un seguito, un gancio per episodi
futuri. L’idea della serie è nata per caso, ma tutto ciò che c’è dietro, e il
progetto che man mano ha preso corpo, è frutto di attenta riflessione.
Il tuo romanzo è un
poliziesco ma racconta anche una storia d’amore. Quali delle due componenti ti
ha creato maggiori difficoltà in fase di scrittura? Pensi sia più difficile
sviluppare un giallo o dar voce ai sentimenti?
Questo è il mio primo romanzo “poliziesco”. Uso le
virgolette perché entro in questo mondo davvero in punta di piedi. Da tutto ciò
è praticamente ovvio cosa mi abbia creato più difficoltà in assoluto. In tutto
questo tempo, tralasciando le esperienze horror che ormai sono relegate solo ai
fumetti, ho sempre parlato di sentimenti, in alcuni casi in maniera davvero
estrema, quindi non ho mai incontrato reali ostacoli da superare in questo
senso. Quello che invece ho sempre vissuto come un tabù è proprio l’aspetto
poliziesco e giallo dei romanzi, convinta di non essere in grado di scrivere
cose davvero buone. Voglio dire: basta leggere Maria Masella, Nora Roberts e,
in assoluto, Agatha Christie, per farsela prendere a male e desistere! Non che
mi sia tolta ogni dubbio, adesso, ma ho acquisito più sicurezza. Vuoi per lo
studio (che è stato tanto e che continua – e penso a oltranza) vuoi per i
commenti positivi a La colpa di Dre, ho voluto provare finalmente a dar libero
sfogo a quello che sentivo come un bisogno. Ma è difficile e credo lo sarà
sempre. Costruire una buona storia che sappia amalgamare tensione sessuale a
quella tipica del thriller è sfiancante!
Jaxon e Landon
sono due uomini molto diversi fra loro, anche
per età. Ti va di presentarceli?
Jaxon è un uomo adulto, con una propria maturità e una
visione del mondo disincantata non solo per le esperienze accumulate, ma per un
passato abbastanza traumatico. Ciò che gli manca, però, è vivere un amore vero,
una relazione che sappia alleviare il vuoto che ha dentro e che vive in maniera
inconsapevole. Quasi. Quando sei abituato a stare da solo, a cavartela per
conto tuo, molto spesso non vivi la solitudine con reale coscienza, ma come
qualcosa di scontato, imprescindibile. La scossa arriva quando la vita ti prova
che può esserci altro, che la felicità esiste davvero. E la parte più difficile
è assecondare quella possibilità, lasciarsi travolgere. Ci vuole coraggio.
Landon, di contro, che ha ben venti anni di meno, è un ragazzo bello, anche troppo, con una psicologia molto particolare data dalle sue difficoltà di apprendimento che ne hanno condizionato l’adolescenza e parte della vita adulta. È difficile esprimere a parole quale sia il disagio che si avverte nel sentirsi vessati senza reale motivo, essere considerati stupidi e inadeguati solo per cattiveria e, nella maggior parte dei casi, ignoranza.
Scrivendo di loro, mi sono resa conto che sono due personalità forti per aspetti diversi, ma assolutamente perfetti per stare insieme e donarsi reciprocamente ciò che la vita ha provato a togliere loro.
Landon, di contro, che ha ben venti anni di meno, è un ragazzo bello, anche troppo, con una psicologia molto particolare data dalle sue difficoltà di apprendimento che ne hanno condizionato l’adolescenza e parte della vita adulta. È difficile esprimere a parole quale sia il disagio che si avverte nel sentirsi vessati senza reale motivo, essere considerati stupidi e inadeguati solo per cattiveria e, nella maggior parte dei casi, ignoranza.
Scrivendo di loro, mi sono resa conto che sono due personalità forti per aspetti diversi, ma assolutamente perfetti per stare insieme e donarsi reciprocamente ciò che la vita ha provato a togliere loro.
Sei legata nello
stesso modo a entrambi i protagonisti o hai una preferenza per uno dei due? Se
sì, di chi si tratta e perché?
Io non so perché, o forse sì ma lo ignoro volutamente, mi
identifico sempre con la personalità apparentemente più forte, adulta,
coerente. Quella che alla fine ti crolla come un castello di carte perché in
fondo lo sa che non può stare da solo a vita, che ha bisogno di un compagno per
andare avanti, non perché da solo non riuscirebbe a vivere, ma perché in due lo
si fa meglio. Quando dall’altra parte c’è l’amore per davvero, ovviamente.
Ecco, partendo da questa premessa, Jaxon è nel mio cuore molto più di Landon,
con tutto che Landon in teoria mi somiglia anche di più, caratterialmente
(fisicamente… Be’, senza nulla togliere a mio marito, ma è tanta roba, ecco).
Il mondo social
occupa un ruolo importante nella storia. Il serial Killer cui si dà la caccia
produce snuff movie, sicché la
condivisione in rete rappresenta una cifra distintiva dei suoi stessi crimini.
Sebbene Minnetonka, il paese in cui agisce, sia un piccolo centro in cui
più o meno tutti si conoscono, è sul web che i cittadini discutono del caso, si schierano, danno il
via a una vera a propria gogna mediatica ai danni di qualcuno. Da questo punto
di vista fiction e realtà sembrano sovrapporsi in maniera inquietante. Pensi
che l’allentarsi del confine fra vita reale e virtuale stia cambiando anche il
nostro modo di rapportarci al crimine?
Lo ha già fatto, lo fa continuamente. Ho tenuto a rendere
“visibili” i commenti della comunità proprio per far vedere la somiglianza con
ciò che viviamo ogni giorno anche semplicemente su facebook. Sono lontani i
giorni in cui mi lasciavo trascinare in polemiche inutili su questo o quel
gruppo, ma spesso la gente pensa bene di venirmi a cercare sul mio profilo, e
di commenti assurdi ne leggo a pacchi: giudizi senza capo né coda basati sul
nulla. La stampa ha un potere immenso, ma spesso le persone non si rendono
conto di essere manipolate. Oltretutto, come Landon a un certo punto dice nel
romanzo, io non so davvero più dove finisca la coscienza e inizi la brutalità
di ognuno. Sono tutti potenzialmente dei “cattivi” e su internet ne abbiamo la
prova ogni santo giorno.
I romanzi targati C.K
Harp, almeno finora, sono ascrivibili al genere m/m. Come ti sei accostata e
come è nata la tua passione per il gay romance?
C.K. è nato per scrivere romanzi lgbt, che siano mm oppure
riguardanti altre espressioni di amore, e la sua forma è stata abbozzata
all’epoca di You Feel. Il mio primo romance con Rizzoli trattava la
bisessualità femminile (non a caso, è quello che, dei miei, è andato meglio) e
anche nel secondo c’era comunque una storia mm, anche se molto romance. La vera
consapevolezza dei gay romance è arrivata dopo, quando Alessandra Bazardi mi ha
messa in contatto con Emanuela Piasentini. È stato solo grazie a questo
passaggio che mi sono avvicinata agli mm acquisendo sempre di più la certezza
di aver trovato “il mio mondo”. È stato colpo di fulmine con le mie sinapsi,
perché ho capito fin dal primo romanzo (che se non erro era Promesse) che
sarebbe stato quello il genere che mi avrebbe tolto il peso dell’incertezza di
dosso. Ed è stato davvero così. Possiamo dire che la mia scrittura era come un
gay alle prese con i primi conflitti inerenti la propria sessualità!
Pare che il gay
romance sia un genere scritto e letto soprattutto dalle donne. Quale il motivo
secondo te?
Credo sia perché le donne leggono, in generale, di più. E
credo anche che la visione di un uomo in chiave più “sentimentale”, lasciando
da parte dominatori (e non parlo di bdsm) e predatori, costituisca
un’attrattiva che le donne iniziano davvero a subire. Nonostante il detto
“l’omo ha da puzzà” penso – spero – che le donne sentano l’esigenza di essere
rispettate e desiderate non in quanto oggetti sessuali, ma in quanto persone
dotate di intelletto. Forse, per vie molto contorte, ma tutte assolutamente
comprensibili, l’idea di due uomini insieme addolcisce la visione più
maschilista che ci è stata sempre inculcata.
Pensi che la
narrativa di genere possa contribuire,
in qualche modo, a combattere l’omofobia?
Se fosse possibile trovarla finalmente sugli scaffali delle
librerie, vissuta come qualcosa di NORMALE e non da leggere sottobanco, sì.
Potrebbe, eccome. E per narrativa di genere intendo tutto il genere lgbt.
Perché, c’è da ricordarlo, di storie al femminile ce ne sono pochissime.
C’è una canzone che
ti ha accompagnata durante la stesura di Prima
della fine o che immagini come possibile colonna sonora del romanzo?
Stranamente, e questa è la prima volta che accade, no. Non durante
la stesura, intendo. Credo sia perché questa volta la psicologia dei personaggi
mi ha proprio tallonata, e lo studio di tutto ciò che riguarda la giustizia
americana mi ha assorbita. Ma è arrivata dopo. È arrivato Ed Sheeran. Ed è
stato amore. Shape of you ha le sonorità perfette, e le parole giuste, per
esprimere ciò che Landon prova per Jaxon. Vedi che sono bipolare? Prima adoro
il detective Davis, poi mi sposto sull’informatico Green. Sono un’entità
complessa…
A chi consiglieresti
la lettura e perché?
A tutti, ovviamente. Perché? Perché è figo!
Prima della fine è un romanzo autoconclusivo, ma nelle note finali lasci intendere che
potrebbe esserci un seguito. Puoi anticiparci qualcosa in proposito?
Come ho detto prima, quando si vive da soli è difficile
lasciarsi travolgere dall’amore, anche se questo sembra inevitabilmente
prossimo. Ora, partendo da questo presupposto, diciamo che Jaxon e Landon
dovranno abituarsi l’uno all’altro, nel pieno di un cambiamento totale di vite
e prospettive, e tra un caso e l’altro. Perché purtroppo, come dicono alla
Marvel, il crimine non va mai in vacanza e qualcuno dovrà pur far rispettare la
legge… Questa è una serie che ho intenzione di portare avanti per un po’,
quindi… Be’, mettetevi comodi!
Il calendario completo del Blogtour
And the winner is...
Numero 18= Annina Roses
Grazie, tesoro. E' stato un piacere stare qui
RispondiEliminaGrazie a te, sei sempre la benvenuta.
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