martedì 14 febbraio 2017

Blogtour "Prima della fine" - ultima tappa: Intervista all'autrice

Buongiorno cari follower, 
benvenuti all'ultima tappa del blogtour dedicato a "Prima della fine" di C.K. Harp, un thriller intrigante ma anche un'appassionante storia d'amore.
Oggi avrete occasione di conoscere un po' più da vicino l'autrice e scoprire qualcosa in più sulla genesi e sulle tematiche affrontate nell'opera, attraverso un'interessante intervista.
Prima di lasciarvi alla chiacchierata virtuale con C.K. Harp vi ricordo che ieri si è concluso il Giveaway associato al tour. In coda al post troverete il nome del fortunato vincitore che si aggiudica una copia del romanzo.
Grazie a tutti per aver partecipato. Buona lettura.


 
Intervista a C.K. Harp

Benvenuta nel mio salotto virtuale. C.K. Harp è un nome de plume, lo dichiari apertamente nella biografia che accompagna i romanzi recanti questa firma, spiegando anche le ragioni  della tua scelta. Ti andrebbe di svelarci qualcosa di più in proposito? Si tratta di un nome casuale o ha un preciso significato per te?
Ciao a te, Miriam, e a tutti: è un piacere stare qui! Ti ho portato un po’ di caffè e la torta al cioccolato, per buon vicinato, ma attenta che non garantisco per il dolce… Non sempre riescono bene!
Allora… Nome de plume… C.K.Harp è un nome costruito a tavolino, mi piaceva l’idea di avere una doppia iniziale e qualcosa di molto diretto, semplice da ricordare. Non ha un significato specifico, non nell’accezione che tutti vorrebbero dare alla parola “significato”. Ma c’è un motivo per il quale l’ho scelto. Come ho tenuto a dire fin dall’inizio, il mio pseudonimo non è un modo per nascondermi o separare la mia reale identità dal genere che ho deciso di affrontare, ma la maniera più giusta per ricominciare dal principio. Con C.K. ha avuto inizio il mio “anno zero”, la rinascita, mettendo in luce il vero aspetto della mia scrittura, quello che finora avevo lasciato da parte in attesa che i tempi diventassero “maturi”. Oltretutto, com’è ormai lampante, tutti i romanzi sono ambientati all’estero, pertanto mi sembra stupido continuare a usare un nome italiano per contesti tutt’altro che tricolore.
Parliamo del tuo nuovo libro: Prima della fine. Com’è nata l’idea?
L’idea di Prima della fine, e sembra un cliché, ma non lo è, parte dal nulla. In questo caso, a differenza di Sono solo un ricordo, la trama è arrivata in un lampo nel momento in cui ho adocchiato la cover. Ebbene sì: è stata l’immagine di copertina ad avermi ispirata. Inizialmente doveva trattarsi di una semplice novella per San Valentino, ma più andavo avanti nella stesura, più  i personaggi prendevano possesso della storia, reclamando attenzione. Arrivata alla fine della prima stesura, è stato naturale fare in modo che ci fosse un seguito, un gancio per episodi futuri. L’idea della serie è nata per caso, ma tutto ciò che c’è dietro, e il progetto che man mano ha preso corpo, è frutto di attenta riflessione.
Il tuo romanzo è un poliziesco ma racconta anche una storia d’amore. Quali delle due componenti ti ha creato maggiori difficoltà in fase di scrittura? Pensi sia più difficile sviluppare un giallo o dar voce ai sentimenti?
Questo è il mio primo romanzo “poliziesco”. Uso le virgolette perché entro in questo mondo davvero in punta di piedi. Da tutto ciò è praticamente ovvio cosa mi abbia creato più difficoltà in assoluto. In tutto questo tempo, tralasciando le esperienze horror che ormai sono relegate solo ai fumetti, ho sempre parlato di sentimenti, in alcuni casi in maniera davvero estrema, quindi non ho mai incontrato reali ostacoli da superare in questo senso. Quello che invece ho sempre vissuto come un tabù è proprio l’aspetto poliziesco e giallo dei romanzi, convinta di non essere in grado di scrivere cose davvero buone. Voglio dire: basta leggere Maria Masella, Nora Roberts e, in assoluto, Agatha Christie, per farsela prendere a male e desistere! Non che mi sia tolta ogni dubbio, adesso, ma ho acquisito più sicurezza. Vuoi per lo studio (che è stato tanto e che continua – e penso a oltranza) vuoi per i commenti positivi a La colpa di Dre, ho voluto provare finalmente a dar libero sfogo a quello che sentivo come un bisogno. Ma è difficile e credo lo sarà sempre. Costruire una buona storia che sappia amalgamare tensione sessuale a quella tipica del thriller è sfiancante!
Jaxon e Landon sono  due uomini molto diversi fra loro, anche per età. Ti va di presentarceli?
Jaxon è un uomo adulto, con una propria maturità e una visione del mondo disincantata non solo per le esperienze accumulate, ma per un passato abbastanza traumatico. Ciò che gli manca, però, è vivere un amore vero, una relazione che sappia alleviare il vuoto che ha dentro e che vive in maniera inconsapevole. Quasi. Quando sei abituato a stare da solo, a cavartela per conto tuo, molto spesso non vivi la solitudine con reale coscienza, ma come qualcosa di scontato, imprescindibile. La scossa arriva quando la vita ti prova che può esserci altro, che la felicità esiste davvero. E la parte più difficile è assecondare quella possibilità, lasciarsi travolgere. Ci vuole coraggio.
Landon, di contro, che ha ben venti anni di meno, è un ragazzo bello, anche troppo, con una psicologia molto particolare data dalle sue difficoltà di apprendimento che ne hanno condizionato l’adolescenza e parte della vita adulta. È difficile esprimere a parole quale sia il disagio che si avverte nel sentirsi vessati senza reale motivo, essere considerati stupidi e inadeguati solo per cattiveria e, nella maggior parte dei casi, ignoranza.
Scrivendo di loro, mi sono resa conto che sono due personalità forti per aspetti diversi, ma assolutamente perfetti per stare insieme e donarsi reciprocamente ciò che la vita ha provato a togliere loro.
Sei legata nello stesso modo a entrambi i protagonisti o hai una preferenza per uno dei due? Se sì, di chi si tratta e perché?
Io non so perché, o forse sì ma lo ignoro volutamente, mi identifico sempre con la personalità apparentemente più forte, adulta, coerente. Quella che alla fine ti crolla come un castello di carte perché in fondo lo sa che non può stare da solo a vita, che ha bisogno di un compagno per andare avanti, non perché da solo non riuscirebbe a vivere, ma perché in due lo si fa meglio. Quando dall’altra parte c’è l’amore per davvero, ovviamente. Ecco, partendo da questa premessa, Jaxon è nel mio cuore molto più di Landon, con tutto che Landon in teoria mi somiglia anche di più, caratterialmente (fisicamente… Be’, senza nulla togliere a mio marito, ma è tanta roba, ecco).
Il mondo social occupa un ruolo importante nella storia. Il serial Killer cui si dà la caccia produce snuff  movie, sicché la condivisione in rete rappresenta una cifra distintiva dei suoi stessi crimini. Sebbene Minnetonka,  il paese  in cui agisce, sia un piccolo centro in cui più o meno tutti si conoscono, è sul web che i cittadini  discutono del caso, si schierano, danno il via a una vera a propria gogna mediatica ai danni di qualcuno. Da questo punto di vista fiction e realtà sembrano sovrapporsi in maniera inquietante. Pensi che l’allentarsi del confine fra vita reale e virtuale stia cambiando anche il nostro modo di rapportarci al crimine?
Lo ha già fatto, lo fa continuamente. Ho tenuto a rendere “visibili” i commenti della comunità proprio per far vedere la somiglianza con ciò che viviamo ogni giorno anche semplicemente su facebook. Sono lontani i giorni in cui mi lasciavo trascinare in polemiche inutili su questo o quel gruppo, ma spesso la gente pensa bene di venirmi a cercare sul mio profilo, e di commenti assurdi ne leggo a pacchi: giudizi senza capo né coda basati sul nulla. La stampa ha un potere immenso, ma spesso le persone non si rendono conto di essere manipolate. Oltretutto, come Landon a un certo punto dice nel romanzo, io non so davvero più dove finisca la coscienza e inizi la brutalità di ognuno. Sono tutti potenzialmente dei “cattivi” e su internet ne abbiamo la prova ogni santo giorno.
I romanzi targati C.K Harp, almeno finora, sono ascrivibili al genere m/m. Come ti sei accostata e come è nata la tua passione per il gay romance?
C.K. è nato per scrivere romanzi lgbt, che siano mm oppure riguardanti altre espressioni di amore, e la sua forma è stata abbozzata all’epoca di You Feel. Il mio primo romance con Rizzoli trattava la bisessualità femminile (non a caso, è quello che, dei miei, è andato meglio) e anche nel secondo c’era comunque una storia mm, anche se molto romance. La vera consapevolezza dei gay romance è arrivata dopo, quando Alessandra Bazardi mi ha messa in contatto con Emanuela Piasentini. È stato solo grazie a questo passaggio che mi sono avvicinata agli mm acquisendo sempre di più la certezza di aver trovato “il mio mondo”. È stato colpo di fulmine con le mie sinapsi, perché ho capito fin dal primo romanzo (che se non erro era Promesse) che sarebbe stato quello il genere che mi avrebbe tolto il peso dell’incertezza di dosso. Ed è stato davvero così. Possiamo dire che la mia scrittura era come un gay alle prese con i primi conflitti inerenti la propria sessualità!
Pare che il gay romance sia un genere scritto e letto soprattutto dalle donne. Quale il motivo secondo te?
Credo sia perché le donne leggono, in generale, di più. E credo anche che la visione di un uomo in chiave più “sentimentale”, lasciando da parte dominatori (e non parlo di bdsm) e predatori, costituisca un’attrattiva che le donne iniziano davvero a subire. Nonostante il detto “l’omo ha da puzzà” penso – spero – che le donne sentano l’esigenza di essere rispettate e desiderate non in quanto oggetti sessuali, ma in quanto persone dotate di intelletto. Forse, per vie molto contorte, ma tutte assolutamente comprensibili, l’idea di due uomini insieme addolcisce la visione più maschilista che ci è stata sempre inculcata.
Pensi che la narrativa di genere  possa contribuire, in qualche modo, a combattere l’omofobia?
Se fosse possibile trovarla finalmente sugli scaffali delle librerie, vissuta come qualcosa di NORMALE e non da leggere sottobanco, sì. Potrebbe, eccome. E per narrativa di genere intendo tutto il genere lgbt. Perché, c’è da ricordarlo, di storie al femminile ce ne sono pochissime.
C’è una canzone che ti ha accompagnata durante la stesura di Prima della fine o che immagini come possibile colonna sonora del romanzo?
Stranamente, e questa è la prima volta che accade, no. Non durante la stesura, intendo. Credo sia perché questa volta la psicologia dei personaggi mi ha proprio tallonata, e lo studio di tutto ciò che riguarda la giustizia americana mi ha assorbita. Ma è arrivata dopo. È arrivato Ed Sheeran. Ed è stato amore. Shape of you ha le sonorità perfette, e le parole giuste, per esprimere ciò che Landon prova per Jaxon. Vedi che sono bipolare? Prima adoro il detective Davis, poi mi sposto sull’informatico Green. Sono un’entità complessa…
A chi consiglieresti la lettura e perché?
A tutti, ovviamente. Perché? Perché è figo!
Prima della fine è un romanzo autoconclusivo,  ma nelle note finali lasci intendere che potrebbe esserci un seguito. Puoi anticiparci qualcosa in proposito?
Come ho detto prima, quando si vive da soli è difficile lasciarsi travolgere dall’amore, anche se questo sembra inevitabilmente prossimo. Ora, partendo da questo presupposto, diciamo che Jaxon e Landon dovranno abituarsi l’uno all’altro, nel pieno di un cambiamento totale di vite e prospettive, e tra un caso e l’altro. Perché purtroppo, come dicono alla Marvel, il crimine non va mai in vacanza e qualcuno dovrà pur far rispettare la legge… Questa è una serie che ho intenzione di portare avanti per un po’, quindi… Be’, mettetevi comodi!


Il calendario completo del Blogtour



And the winner is...


Numero 18= Annina Roses



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