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mercoledì 28 giugno 2017

Recensione: La bambina del mare

Titolo: La bambina del mare
Autore: Lucio Figini
Editore: Fanucci
Collana: NeroItaliano
Pagine: 320
Prezzo: 13,00

Descrizione: 
David ha quarant'anni, un disturbo d'ansia ossessivo-compulsivo e un lavoro come educatore professionale. Ha un rapporto difficile con le donne e i colleghi e si trova a suo agio solo con i ragazzi della comunità. Ragazzi come Ariel, "la bambina senza voce né sorriso", un'undicenne senza identità, avvolta nel suo misterioso mondo. Un mondo al quale solo David sembra avere accesso. Attraverso sguardi, gesti e soprattutto i disegni della ragazzina, David cerca di ricostruirne la storia improvvisandosi investigatore. Ma i tasselli torneranno al loro posto solo anni dopo, quando Ariel sarà una giovane donna al lavoro come consulente investigativa su un misterioso caso di omicidio.

La mia recensione: 
Una bambina di circa dieci anni, emaciata, con i capelli rasati, gli occhi grandi su un viso smagrito, chiusa in un silenzio inespugnabile. Questa è l’immagine che si offre agli operatori di una comunità socioeducativa di Pavia quando sulla loro soglia compare Ariel. Non è questo il vero nome della piccola, la sua identità è sconosciuta, ma tutti concordano nel chiamarla così poiché è stata ritrovata a Sestri Levante vicino al mare e proprio come la sirenetta della fiaba di Andersen sembra emersa dalle acque, priva di voce come per effetto di un oscuro sortilegio.
La sua storia personale, tuttavia, non sembra somigliare neanche lontanamente a una favola. David, l’educatore a cui viene affidata, lo intuisce subito. Pur non parlando, la piccola comunica attraverso lo sguardo e i segni sul suo corpicino tutto il dolore, la paura, lo smarrimento che cova dentro.
Chi è? Da dove viene? Chi le ha fatto del male e perché?
Tante le domande che si pone l’uomo, urgente l’istinto di protezione che sin da subito nutre.
Nessuno ti farà più del male finché ci sono. Fidati di me. Questo pensiero prende forma in maniera chiara nella sua mente e con altrettanta forza lo trasmette ad Ariel che, lentamente, sembra maturare una certa fiducia nei suoi confronti. La corazza in cui si è rifugiata è solida, non crolla, però inizia a creparsi e attraverso dei disegni la bimba comincia a fornire piccoli indizi sul suo passato.
Una baia, una casa… si tratta di poche immagini abbozzate, ma l’educatore decide di sfruttarle al meglio, s’improvvisa detective e, in segreto, indaga per scoprire la verità. Quando si accorge di essere seguito, presagisce di essere sulla strada giusta, sicché decide di andare fino in fondo, qualunque cosa accada.
Non è il classico poliziesco quello proposto da Lucio Figini. Non ci sono indagini ufficiali, almeno non nella prima parte del romanzo e non per quel che riguarda Ariel. Il giallo è il perno intorno a cui ruota la narrazione ma a sfidarlo è una persona che non fa questo di mestiere ed è mossa da motivazioni più intime. Forse perché, a sua volta, abbandonato dal padre prima ancora della nascita, forse perché afflitto da una serie di fragilità, fra cui un disturbo ossessivo-compulsiva, David entra immediatamente in sintonia con Ariel. Non si limita a immedesimarsi, ma sente il suo dolore sulla propria pelle, se ne fa carico e avverte l’esigenza di aiutarla, quasi che prendersi cura di lei significasse prendersi cura del bambino che è stato.
Con realismo e senza falsi veli, l’autore scava nelle brutture della violenza sui minori e dei traumi infantili. Ci narra una storia drammatica e tristemente reale, ma nello stesso tempo ci racconta l’amore, quello puro, incondizionato fra due anime che si riconoscono e stringono un tacito patto di mutuo soccorso, un amore che potrebbe essere paragonato a quello di un padre per la propria figlia, giacché è un sentimento simile ad animare il protagonista.
Grazie alla sua determinazione, David riesce a far luce sulla vicenda, a svelare parte del mistero, ma quando il caso sembra essere risolto e la storia giunta al termine, assistiamo a una svolta inattesa.
Laddove saremmo pronti a leggere l’epilogo, si apre la seconda parte del romanzo che ci fa compiere un salto in avanti nel tempo. Ritroviamo Ariel adulta, sono trascorsi sedici anni dal suo arrivo in comunità, ormai è una donna, ha una vita fuori, è diventata un’insegnante, ma scopriamo che ha anche acquisto un dono particolare per cui collabora come consulente investigativa. La vediamo così alle prese con un caso di omicidio che pare essere del tutto slegato dalla sua vicenda personale.
In effetti l’autore ci spiazza fornendoci l’illusione di star leggendo un libro diverso e completamente scollegato dal primo, salvo poi stupirci con un vero colpo da maestro che bruscamente ci riporta sulla giusta rotta e ci fa rivalutare l’insieme con occhi nuovi.
In un modo imprevisto, tanto da risultare destabilizzante, i due fili narrativi si riannodano e finiscono per fondersi. La seconda parte della storia va a completare la prima e a colmare le lacune, fornendoci tutte le risposte rimaste in sospeso.
Originale nell’impostazione e caratterizzato da uno stile, a tratti lirico, in grado di far breccia nell’anima e commuovere nel profondo, La bambina del mare si configura come un noir insolito e fortemente introspettivo. Lucio Figini affronta un tema attuale e crudo con realismo e delicatezza. Ci trascina nel buio dell’infanzia abusata ma, nel farlo, mantiene viva la fiamma della speranza; cancellare certi orrori, chiaramente, è impossibile ma l’amore può fornire la giusta spinta per risalire. Il lieto fine per Ariel consiste proprio in questo, nella conquista della forza necessaria per chiudere i conti col passato e concedersi la possibilità di un futuro migliore.







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