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sabato 5 agosto 2017

Recensione: Red Carpet in noir. Delitto a cineccità

Titolo: Red Carpet in noir. Delitto a cinecttà
Autore: Antono G. D'Errico
Editore: Umberto Soletti
Pagine: 239
Prezzo: 15,00

Descrizione: 
La storia di questo noir riconduce a una confidenza ricevuta dall'autore da un personaggio di spicco del mondo del cinema italiano. Sono riconoscibili alcuni tratti di protagonisti reali, che mai potrebbero essere svelati senza creare danni irreparabili. Si ritrova la vanità del divo della tv e del cinema che si sente arrivato e intoccabile, al contrario personaggi minori vengono trascurati e umiliati in un mondo dorato che alimenta gelosie, ripicche e propositi di vendetta. L'atmosfera si fa rovente quando non è drammatica e surreale. La mano lunga e potente della politica e l'amore interessato della persona giusta, al momento giusto, non mancheranno di esasperare gli animi fino a minacciare la pace di chi si sente al sicuro dall'alto della sua posizione. Senza aver fatto i conti, però, con vecchi rancori che si risvegliano e fanno fuoco, quando non resta altro da fare, quando la follia prende il sopravvento.

La mia recensione: 
Il mondo dello spettacolo non si esaurisce sotto le luci della ribalta, è fatto anche di ombre, di insidie, di compromessi e bocconi amari da ingoiare.
Pietro Vannucchi, aspirante attore, si ritrova sin da subito a fare i conti con questa realtà. Come tutti i giovani che coltivano il suo stesso sogno mira al successo ma la strada è tutta in salita e nulla è garantito. Contando sull’aiuto di Giulia, la sua compagna che è più grande di lui e vanta ottime conoscenze nell’ambiente, si accontenta di piccole parti, cominciando dalla gavetta in teatro, sperando che qualche regista di spicco lo noti e lo ingaggi in virtù delle sue doti.
Perseguire lo scopo tuttavia è tutt’altro che facile, tanto più perché il talento non basta per fare carriera in ambito cinematografico o televisivo. Raccomandazioni, scambi di favore, interessi politici ed economici inficiano anche questo microcosmo patinato e Pietro lo sperimenterà in prima persona.
Attraverso le vicende del suo protagonista, l’autore si sofferma sulle ombre che aleggiano dietro le quinte, ci racconta i retroscena di un sogno, mettendo in luce le difficoltà, le delusioni, le umiliazioni cui un ragazzo che aspira a diventare attore può andare incontro e mostrandoci anche le ripercussioni che tutto ciò può avere sulla vita privata.
A dispetto di quel che lasciano presagire il titolo, il sottotitolo e la quarta di copertina, Red Carpet in noir. Delitto a Cineccità non può essere considerato propriamente un noir, se non nella parte finale: il delitto si consuma ma non è al centro dell’attenzione, segna solo l’epilogo, assolutamente imprevisto e inimmaginabile, di una vicenda drammatica – che peraltro avrebbe potuto concludersi anche in altro modo senza intaccare la trama.
Il romanzo si configura piuttosto come un sentito racconto di carattere biografico, a tratti intimistico, volto appunto a raccontare il lato oscuro della scalata al successo.
Inseguendo le sue ambizioni, Pietro si ritrova a nuotare in una vasca piena di squali. Dal regista/produttore Clerici che finge sincero interesse – e forse fino a un certo punto lo nutre – e dispensa promesse, salvo poi giocare un tiro mancino al suo protetto; al rivale Alessio Mayer, che si professa amico ma è pronto a tutto pur di rubargli la scena, molti sono coloro che lo circondano dichiarandosi dalla sua parte ma che, in realtà, fanno il doppio gioco.
Pietro si ritroverà così ad accordare la sua massima fiducia a uomini che stima e pensa possano aiutarlo professionalmente, per poi vedersi derubato delle proprie idee o relegato al margine quando meno se lo aspetta. Vedrà colleghi meno talentuosi di lui raggiungere traguardi più ambiti, perché disposti a vendersi o perché provvisti di migliori agganci nelle alte sfere. Andando avanti, sempre più dovrà tirare fuori le unghie e i denti per resistere in un contesto, sordido, corrotto, per molti versi ostile.
Antonio D’Errico si rivela abile nel tratteggiare la psicologia del suo personaggio. Mette  bene in luce la sua ambizione che insieme a una ferrea determinazione lo spinge a perseguire il suo scopo senza lasciarsi arrestare da alcuna difficoltà. Questo da un lato rappresenta il suo punto di forza, il tratto caratteriale che alla lunga lo vedrà vittorioso; dall’altro, per l’esattezza nella vita privata, diventa il suo tallone d’Achille poiché lo porta a mettere in secondo piano gli affetti, decretando la fine di relazioni importanti. Diverse, infatti, saranno le donne che lo affiancheranno negli anni ma nessuna storia d’amore – eccetto forse una – si dimostrerà abbastanza solida da resistere agli scossoni cui Pietro le sottopone.
È un racconto realistico quello che ci viene proposto, anche se in alcuni passaggi volutamente spinto agli estremi per dar risalto alle ombre di cui accennavo all’inizio.  La trama si sviluppa in un crescendo che culmina in un finale tragico, tanto da non concedere sconti a nessuno.
Sebbene lo stile sia fluido, le numerose ripetizioni e i refusi sfuggiti alla revisione purtroppo si fanno notare, ma escludendo questa pecca la lettura rimane interessante. Consigliato a chi è curioso di indagare l’oscurità che aleggia dietro le luci del palcoscenico.

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