Titolo: La bambola del Cisternino
Autore: Diego Collaveri
Editore: Fratelli Frilli
Pagine: 300
Prezzo: 12,90
Descrizione:
Livorno. L’omicidio di una vecchia prostituta nei pressi del
Cisternino risveglia nel commissario Botteghi ricordi sepolti dell’infanzia,
tanto da divenire quasi una questione personale. Frustrato per gli scarsi
risultati, non molla l’indagine neppure quando il Questore gli impone un caso
più risonante. Un imprenditore edile, autore di importanti restauri storici
della città, è stato trovato morto nel parco di Villa Corridi. Tra regolamenti
di conti, inseguimenti nei sotterranei della città, un misterioso killer e un
vecchio traffico di droga, le due indagini finiranno per intrecciarsi tra loro
in un sottile gioco di parti, così inaspettato da mettere a dura prova le
capacità investigative di Botteghi. Riuscirà il commissario a scoprire
l’incredibile verità nascosta all’ombra dell’antico acquedotto Leopoldino? Un
malinconico viaggio attraverso storie di vita cui non è concessa redenzione,
cullati dalla melodia di una famosa canzone degli anni ’60.
La mia recensione:
Parecchi chili di troppo, la pelle segnata dall’età, il
trucco sfatto e gli abiti sciatti: Lucia Biagini non somiglia affatto a una
bambola, eppure quando il commissario Mario Botteghi si ritrova davanti al suo
cadavere, la vecchia canzone di Patty Pravo comincia a ronzargli nella testa,
mentre uno strano formicolio alla base della nuca gli provoca un senso di
malessere, misto a una specie di nostalgia. Sarà perché la donna era una
prostituta e, come tale, usata alla stregua di un giocattolo dagli uomini che
si avvalevano dei suoi servizi o perché nel camper in cui abitava ci sono
vestiti di una taglia troppo piccola per la sua stazza, l’uomo non saprebbe
dirlo con certezza, l’unica cosa di cui è sicuro è di voler acciuffare il suo
assassino. È così determinato che quando il Questore tenta di distogliere la
sua attenzione da questo caso affinché indaghi su un omicidio più importante,
quello dell’imprenditore edile Marcello Andreini, Botteghi decide di seguire
entrambi i casi.
Il giallo si apre così proponendoci due piste investigative
distinte. La narrazione procede su due binari paralleli che tutti credono
destinati a non incontrarsi mai ma che, in realtà, a un certo punto, finiranno
per intrecciarsi confluendo in un percorso unico.
Quale può essere il legame fra un’anziana una prostituta e
un uomo impegnato nei più importanti restauri storici della città? Stando a quel che risulta, i due non si conoscevano,
non c’è nulla che possa accomunarli, se non il Cisternino, che in modi diversi
ricorre in entrambi i crimini.
Ricalcando lo schema classico del romanzo poliziesco, Diego
Collaveri, tesse una trama fittissima di misteri, rimandi, apparenti
coincidenze, che si delinea attraverso un susseguirsi di interrogatori e una
meticolosa analisi degli indizi rivenuti sulle scene del crimine. È facendo
affidamento sui dati raccolti e sulle sue capacità deduttive che il commissario
tenta di sbrogliare la matassa.
Il processo investigativo rappresenta il fulcro della
narrazione che, tuttavia, si arricchisce di diverse sfumature. La Bambola del Cisternino si connota,
infatti, come un giallo profondamente radicato nel territorio di riferimento. Livorno
non si limita a fare da cornice ma diviene un elemento cardine per la
comprensione e la soluzione stessa del mistero. Leggendo non ci si sente solo
parte di un enigma che stuzzica la curiosità e invoglia ad arrivare fino in
fondo per ottenere la soluzione, ma si ha la sensazione di essere immersi nei
posti in cui i fatti si svolgono, di osservarne i paesaggi, di respirarne le
atmosfere e di ripercorrerne la storia. Man mano che il plot si sviluppa,
l’autore ci offre una sequenza di cartoline che ci raccontano la città, non
solo nel suo presente, ma in un gioco di sovrapposizioni fra vecchio e nuovo
che ci rende partecipi anche dei cambiamenti che negli anni l’hanno segnata.
Alle immagini evocate in relazione ai luoghi, si associano
poi quelle che ritraggono i personaggi e i loro vissuti. Le vittime, in questo
libro, non svolgono il ruolo di mere comparse e, al di là di tutto ciò che può
riguardare i crimini commessi, hanno delle storie di vita da raccontarci.
Lucia Biagini rappresenta una categoria, quella delle donne
sfruttate, abusate, costrette a vivere ai margini senza possibilità di
riscatto.
Marcello Andreini, invece, rappresenta un ceto sociale agli
antipodi, è un imprenditore, è ricco, è un uomo di successo, ma nondimeno
nasconde degli scheletri nell’armadio. La sua esperienza pone sotto i riflettori
l’altra faccia della medaglia, parlandoci di un vizio che distrugge, irretisce
e, sebbene in modo differente e per ben altre vie, conduce allo stesso stadio
di isolamento degli ultimi.
Fra loschi traffici, inseguimenti, sparizioni, si delineano
così le anime dei protagonisti di questa vicenda, compresa quella dello stesso
commissario che, non meno degli altri, ha molto da rivelare al di fuori del
ruolo che gli compete.
Botteghi è un uomo segnato da una grave perdita e dal senso
di colpa, un padre fallito, un poliziotto ostinatamente aggrappato al desiderio
di giustizia ma giunto alla fase del disincanto, quella in cui si sa che la
vita non è fatta di schieramenti fra buoni e cattivi, che il marcio è ovunque,
anche laddove dovrebbe regnare la rettitudine, e che nemmeno la morte rende
tutti uguali, giacché ci sono morti illustri, come Andreini, e morti di cui non
importa a nessuno, come Lucia.
E sarà proprio quest’ultima a sconvolgere l’uomo in modo
inaspettato. La prostituta uccisa risveglierà vecchi ricordi costringendolo a
fare i conti con una pagina della sua infanzia che credeva di aver dimenticato.
Risolvere il suo caso per lui equivarrà anche a chiudere un vecchio conto
rimasto in sospeso con se stesso.
Un romanzo avvincente e malinconico, scandito dal riff di
una canzone che profuma di passato ma nondimeno scandisce con efficacia il
ritmo del presente.
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