martedì 25 settembre 2012

Recensione: La cugina americana

Titolo: La cugina americana
Autrice: Francesca Segal
Editore: Bollati Boringhieri
Pagine: 339
Prezzo: 17,50 



Descrizione:
Hampstead Garden, nordovest di Londra, è il quartiere della buona borghesia ebraica, ricca, istruita, liberal, solidale: tutti conoscono tutti, tutti frequentano tutti, tutti sono pronti a soccorrere chiunque si trovi in difficoltà.
Adam e Rachel si conoscono da sempre, si amano dall’adolescenza, e stanno per fidanzarsi. La comunità segue l’evolversi della relazione da quando è nata, aspetta il matrimonio, i figli. Tutto va come dovrebbe andare fino a quando, da New York, città di liberi costumi e strane usanze, arriva Ellie, la cugina di Rachel: bellissima, fragile, dolce, infelice, anticonformista. Ellie è una sopravvissuta, come tanti dei membri anziani della comunità: non ai campi di concentramento, ma alla morte della madre in un attentato terroristico in Israele, e alla conseguente decisione del padre di vagare per il mondo portando la piccola con sé.
Tra Adam ed Ellie è amore al primo sguardo. Entrambi resistono, si evitano, si cercano, irresistibilmente attratti e irrimediabilmente divisi. Fino a quando Adam, avvocato nello studio del padre di Rachel, viene incaricato di risolvere la situazione incresciosa, pericolosa, che Ellie si è lasciata alle spalle a New York. I due sono costretti a incontrarsi, per lavoro, fino a quando una malattia di Ziva, la nonna di Ellie e Rachel, fornisce ai due innamorati impossibili l’occasione di infrangere le regole.
Nel romanzo di Edith Wharton che l’autrice prende esplicitamente a modello, L’età dell’innocenza, la comunità dalle regole ferree è la New York di fine Ottocento e la società disinvolta quella dell’Europa aristocratica. Francesca Segal rovescia le tavole e ci regala un delizioso romanzo ricco di suspense e venato di ironia: suspense per l’evoluzione dell’amore proibito, e tenera, indulgente ironia per le usanze e le regole della comunità ristretta, descritta con una profusione di particolari che impedisce di staccare gli occhi dalla pagina. 

L'autrice:
Francesca Segal collabora come giornalista e critico letterario a numerose testate tra cui «Granta», «The Guardian», «The Observer», «The Daily Telegraph», «Financial Times Magazine», «The Tatler» e «The Jewish Chronicle». Per tre anni ha tenuto la rubrica dell’«Observer» dedicata alla narrativa d’esordio. La cugina americana è il suo primo romanzo.

La mia recensione:

Adam e Rachel sono i protagonisti di una lunga storia d’amore che sta per giungere al suo coronamento. Si sono conosciuti da bambini, si sono innamorati da adolescenti e da quel momento sono sempre rimasti insieme godendo dell’approvazione delle rispettive famiglie. Giunti alla soglia dei ventotto anni hanno compiuto il grande passo del fidanzamento ufficiale e già fervono i preparativi per il matrimonio ormai prossimo.
La loro è una relazione costruita su basi solide, alimentata da un affetto profondo e sincero ma soprattutto portata avanti nel rispetto delle regole ferree dettate dalla società di appartenenza.
Entrambi sono nati e vissuti nel quartiere ebraico di Hampstead Garden, un piccolo quartiere borghese in cui tutti conoscono tutti e il conformismo è un valore acquisito. L’amore si inserisce in una cornice di convenzioni e precetti che tracciano senza mezze misure il confine tra ciò che è giusto o sbagliato, tra ciò che è conveniente e ciò che non lo è.
Adam non ha mai dubitato dei suoi sentimenti per Rachel, è convinto che sia la sua donna ideale ed è ansioso di convolare a giuste nozze ma con l’arrivo di Ellie, la cugina americana della futura sposa,  le sue certezze cominciano a vacillare.
Ellie sembra incarnare la negazione del conformismo. Vissuta a New York, città di liberi costumi, è oltremodo emancipata, libertina, spregiudicata. Giunta a Londra per sottrarsi allo scandalo provocato da un film porno che la vede attrice protagonista, sin da subito attira su di sé tanto gli sguardi curiosi dei coetanei quanto quelli di biasimo dei più anziani.
La sua presenza si abbatterà come un ciclone sulla vita tranquilla di Adam. Sebbene innamorato di Rachel, egli non potrà resistere al fascino della cugina e quando comprenderà che l’attrazione è reciproca, non saprà sottrarsi alla tentazione di rompere gli schemi.
La storia narrata da Francesca Segal è quella di un triangolo amoroso, dell’eterno conflitto tra dovere e passione e della difficoltà di compiere delle scelte. Si tratta in realtà di una storia vecchia come il mondo e che qui si sviluppa seguendo uno schema abbastanza prevedibile ma che riesce comunque a catturare l’attenzione del lettore offrendo interessanti spunti di riflessione.
Leggendo le prime pagine del romanzo si ha la sensazione di essere trasportati indietro nel tempo. I costumi e le regole sociali che caratterizzano la comunità ebraica di Hampstead rivelano infatti molte somiglianze con quelli della società di fine Ottocento. Quasi ci si stupisce nello scoprire che la storia è ambientata ai giorni nostri ma, a un’analisi più attenta, non si può fare a meno di notare certe similitudini anche con realtà ben più vicine, basti pensare alle usanze  tipiche dei piccoli paesi di provincia. L’autrice riesce a rendere con grande efficacia il senso di claustrofobia generato dalla necessità di conformarsi alle regole per poter esercitare e preservare il proprio diritto di appartenenza al gruppo. La solidarietà, lo spirito da “famiglia allargata” che con prepotenza emerge tra le pagine colpisce per la sua natura di arma a doppio taglio e innesca un gioco di contrasti tale da farci assaporare in pieno il gusto del proibito che connota la relazione tra Adam ed Ellie.
Nel complesso la storia appassiona, ci si immedesima nei protagonisti e ci si ente animati dalla curiosità di scoprire come finirà, tuttavia La cugina americana non è un libro che si lascia leggere tutto d’un fiato. La ricchezza di dettagli nella descrizione delle usanze della comunità, se da un lato conferisce particolare realismo al racconto, dall’altro rallenta il ritmo narrativo. L’evoluzione della trama è sorretta da un grande equilibrio, dettaglio che ancora una volta va a vantaggio della verosimiglianza ma finisce per stemperare un po’ il pathos. La passione travolgente, il bisogno di scompaginare un iter prestabilito, il senso di ribellione attraversano l'intera narrazione ma rimangono latenti. Personalmente ho atteso la rottura degli argini fino alla fine e sono rimasta un tantino delusa nel constatare invece che, dopo la piena, il fiume si ritira.
Il libro non mi è dispiaciuto ma mi ha regalato le emozioni di un volo a bassa quota mentre la quarta di copertina sembrava promettere qualcosa di più.








 

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