mercoledì 4 aprile 2018

Recensione: Qualcosa in cui credere

Titolo: Qualcosa in cui credere
Autrice: Enedhil
Genere: Fantasy
Editore: Triskell
Lunghezza: 243 pagine
Prezzo: € 5,99

Descrizione:
Quando il Parco Giochi sulla collina di Accession apre i cancelli, Fabien, il razionale e diffidente fabbro del villaggio, decide di darla vinta alla curiosità e di attraversare il confine che lo separa da quel mondo fatto di ingegnosi artifici. Sotto al tendone de “Il Giardino di Ghiaccio”, circondato da atmosfere innevate e gelide statue che sembrano vive, il giovane conosce Riw, un misterioso ragazzo che dice di essere l’Inverno e che scalda il cuore del fabbro con un fuoco ben diverso da quello a cui è abituato.
A dieci anni da quell’incontro, spinto da sensazioni che non riesce più a controllare, Fabien ritorna ad Accession. Qui il suo bisogno di ritrovare quel giovane che sembrava padroneggiare la neve e il ghiaccio diventa più incalzante. Fabien vede ben presto esaudito quel desiderio, ma quando Riw gli chiede di seguirlo, rivelandogli una verità incredibile, si ritrova coinvolto in uno scontro dal quale dipende il destino del suo mondo.
In un Tempo dominato da Stagioni ed Elementi, riuscirà Fabien ad ascoltare il proprio cuore e a trovare qualcosa in cui credere?

La mia recensione:
Fabien è il giovane figlio di un fabbro. La concretezza della forgia, la realtà della fatica, la tangibilità degli oggetti che suo padre gli ha insegnato a modellare rappresentano tutto il suo mondo, un mondo in cui non c’è spazio per i sogni e per la fantasia, tanto che quando ad Accession giunge un famoso luna park itinerante, non se ne sente particolarmente attratto. Tuttavia, la curiosità non gli manca ed è proprio ciò che lo spinge a varcare i cancelli e concedersi un giro, se non altro si divertirà a smascherare l’inganno, a ridere dell’ingenuità di chi si fa abbindolare da piccoli trucchi.
Neve finta, sagome di cartone, illusioni ottiche. In effetti il ragazzo non scorge che questo nel momento in cui si avventura nell’attrazione principale del Parco: il giardino d’inverno. Ciò nonostante, la visita non lo lascia indifferente e gli regala un ricordo che non riuscirà più a cancellare: passeggiando nel giardino incantato, Fabien incontra un ragazzo bellissimo che dice di chiamarsi Riw e di essere l’incarnazione della stagione invernale. Di certo, si tratta solo di una recita, una finzione orchestrata per suggestionare i più piccoli, ma la sua avvenenza è autentica e contribuisce a far maturare nel fabbro la consapevolezza di non essere etero.
Passano gli anni e il luna park non riapre i battenti. Fabien continua a non credere nelle favole, ma non cessa di sognare Riw, e in cuor suo spera di rincontrarlo. Dopo una lunga attesa, il suo desiderio viene esaudito perché il Parco ricompare, come per magia, ed è proprio Inverno a cercarlo, anche se lo fa per un motivo che il ragazzo non avrebbe mai immaginato. Il bellissimo principe delle nevi, farnetica di una guerra in atto fra le stagioni, un conflitto che minaccia di fermare il Tempo, danneggiando l’intera umanità, e sostiene che Fabien sia il solo a poter scongiurare il pericolo forgiando un’arma magica… Si tratta del vaneggiamento di un pazzo o, dopotutto, c’è un fondo di verità? Per scoprirlo, il fabbro dovrà  accettare di seguire una bizzarra compagnia viaggiante.
Qualcosa in cui credere si apre come la più classica delle favole, ci travolge con le sue atmosfere oniriche e la sua ambientazione fantastica, tanto che varcando la soglia del giardino d’inverno ci si sente davvero come bambini ipnotizzati da uno spettacolo che trasuda magia. Delicatezza e incanto impregnano le descrizioni che danno il via alla storia e che, almeno al principio, hanno acceso il mio entusiasmo, facendo leva proprio sul fanciullino che, a dispetto dell’età, ancora scalpita in me. Proseguendo nella lettura, purtroppo, ho avuto la sensazione che parte della magia inziale si andasse perdendo in una trama che, di certo, conserva degli aspetti interessanti e una forte connotazione fantasy – andando avanti sempre più ci ritroveremo coinvolti in uno scontro appassionante fra personificazioni di stagioni ed elementi naturali – ma che in qualche modo si appiattisce, focalizzandosi sul cliché dell’amore romantico, che diviene la chiave di svolta dell’intera guerra. Da un certo punto in poi, la storia si sviluppa in maniera abbastanza prevedibile, senza riservarci particolari sorprese o colpi di scena, e incanalandosi in maniera sempre più decisa su un sentiero romance. La lettura rimane godibile però, dal mio punto di vista, perde un po’ dell’originalità e della magia che sembrava promettere nell’incipit. Mi è parsa, inoltre, un po’ forzata in un contesto così fiabesco, l’inclusione di diverse scene di sesso esplicito; l’erotismo, di certo, non mi disturba e non mi scandalizza, ma nel caso specifico mi è parso quasi come una nota stonata – è stato un po’ come assistere a un amplesso fra Biancaneve e il Principe, per intenderci.
Pur avendo apprezzato il romanzo nel complesso, devo ammettere di averlo trovato leggermente sottotono rispetto a Catene di Ametista, l’opera che mi ha fatto conoscere e amare quest’autrice. Ho apprezzato le sue capacità narrative e stilistiche anche qui, ma questa volta non è riuscita a coinvolgermi e a regalarmi emozioni pari a quelle che ho provato alla Corte di Namîr.


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