Titolo: La bambina dagli occhi di cielo
Autrice:
Barbara Mutch
Editore:
Corbaccio
Pagine:
460
Prezzo: 17,60
Descrizione:
Cathleen
Harrington lascia l’Irlanda nel 1919 e
si trasferisce in Sudafrica per sposare l’uomo che ama ma che non vede
da
cinque anni. Isolata e straniata in un ambiente così diverso da quello a
cui
era abituata, trova conforto nel suo diario e nell’amicizia con la
governante e con sua figlia Ada. In lei trova quell’amore e quella
comprensione che né il marito né la figlia sembrano poterle offrire.
Sotto la
guida di Cathleen, Ada diventa un’abile pianista e una lettrice vorace,
anche
di quel diario che Cathleen tiene gelosamente nascosto… E quando, suo
malgrado,
tradirà la fiducia di Cathleen e sarà costretta ad abbandonarne la casa,
Cathleen farà di tutto per riavvicinarsi a lei nel nome di un’amicizia
che
oltrepassa il tempo, i rancori, lo status sociale.
La
bambina dagli occhi di cielo è il romanzo di due donne straordinarie che vivono in un paese
meraviglioso e crudele.
L'autrice:
Barbara Mutch, è di origine
inglese, è cresciuta in Sudafrica. E’ sposata con due figli e atttualmente vive
fra Londra e Cape Town.
La mia recensione:
L’immagine di dita agili e leggere che danzano su una
tastiera mi fa pensare alla libertà. Il connubio tra questa immagine e questo
pensiero mi ha accompagnata durante tutta la lettura de “La bambina dagli occhi
di cielo”, non solo perché il pianoforte con la sua musica ne è protagonista
tra i protagonisti ma perché la storia custodita nelle sue pagine ci parla di
gabbie sociali, del desiderio irrinunciabile di oltrepassare le sbarre e della
possibilità di abbatterle con la sola forza dell’amore.
Bianchi e neri, proprio come i tasti dello strumento
musicale, sono i suoi protagonisti ma qui divisi dall’abominio dell’apartheid.
Siamo nel Sudafrica degli anni ’30. La giovane Cathleen
Harrington, irlandese di origine, si trasferisce a Craddock House per sposare l’uomo
che ama. Straniera in una terra tanto diversa da quella in cui è cresciuta fatica
ad abituarsi alla nuova vita. La nascita di due bambini e la presenza costante
del pianoforte, che da sempre rappresenta la sua più grande passione, l’aiuteranno a vincere la solitudine ma sarà
l’affetto che maturerà per la sua domestica Miriam e la sua figlioletta Ada a
restituirle davvero il sorriso. A
dispetto della diversità di colore e delle leggi razziali in vigore, tra le due
donne nascerà una sincera amicizia ma sarà soprattutto nella piccola che Cathleen
riscoprirà una fonte di gioia. Ada è infatti animata da una grandissima
curiosità per tutto ciò che la circonda e, a differenza dei figli dei padroni, mostra
un grande talento per la musica. Sfidando qualsiasi convenzione e opponendosi
all’autorità del marito, la donna le insegnerà a scrivere, a leggere e a
suonare fornendole così gli strumenti per superare la sua condizione di
inferiorità.
Le buone intenzioni però non bastano a trasformare una
storia dolorosa in una fiaba. Nonostante l’amore trovato a Craddock House, Ada
dovrà fronteggiare l’odio dei bianchi per i neri e, insieme a quelle di
consolazione dovrà imparare parole crudeli come “guerra” e “apartheid”. Parole,
queste ultime, che il destino inciderà nella sua stessa carne.
Prima sarà la guerra a insegnarle che esistono ferite
dell’anima impossibili da guarire e a porla a confronto con il dolore della
perdita, poi toccherà al razzismo farle
ingoiare il calice amaro della diversità.
Somiglia a un’odissea il percorso di Ada. Dal giorno della
sua nascita la osserveremo negli anni, la vedremo diventare donna e madre a sua
volta, la seguiremo tra le mura rassicuranti − ma solo fino a un certo punto −
di Craddock House e poi oltre i cancelli, nel sobborgo in cui i neri lottano
per la sopravvivenza e coltivano sogni di rivolta.
A scandire il suo cammino di morte e rinascita, umiliazione
e redenzione, il filo rosso di quell’affetto
profondo e incondizionato che dal principio alla fine legherà lei e
Cathleen. Un amore che va oltre il colore della pelle, accompagnato dalle note
di un pianoforte e da un dialogo muto che passa attraverso le pagine di un
diario segreto ma non troppo.
È un libro che si legge con un misto di angoscia e speranza questo di Barbara Mutch, da
centellinare più che da sorbire tutto d’un fiato poiché nonostante lo stile
scorrevole e il susseguirsi avventuroso degli avvenimenti, veicola un bagaglio
consistente di emozioni, non sempre facili da metabolizzare soprattutto se si è
sensibili a certe tematiche. L’autrice riesce calarci pienamente nei panni
delle due protagoniste, attraverso i loro occhi e le loro anime ci fa percepire
con grande realismo il clima che si respirava durante l’apartheid, ci fa vivere
tutto l’orrore e l’assurdità del razzismo. Palpabile è il senso di solitudine,
la determinazione ma anche l’impotenza di Cathleen che si dissocia da un
sentire comune e, nel suo piccolo, tenta di combattere ciò che recepisce come
un’ingiustizia. Altrettanto tangibile è il fardello di incomprensione,
isolamento, sofferenza con cui convive Ada, vittima di un sistema aberrante.
Disarmante spesso, la sua ingenuità e il senso di abnegazione con cui soccombe
ad abusi che la mentalità imperante tollera come fossero la normalità.
Entrambe sono due figure femminili straordinarie, due donne
molto diverse tra loro ma che, ciascuna a suo modo, si affermano per il grande
coraggio, per la determinazione per l’umanità che le caratterizza e le rende
capaci di guardare oltre le apparenze, di comunicare e lottare usando
principalmente il cuore.
La narrazione si regge in perfetto equilibrio su un filo
sospeso tra i contrasti. Vita e morte, odio e amore, bianco e nero, schiavitù e
libertà sono metà inscindibili di una storia in cui i sentimenti, positivi o
negativi che siano, non ammettono mezze misure, in cui musica e parole si
fondono ricordandoci come arte e cultura possano diventare ali che non
conoscono barriere.
Sembra proprio interessante, come tutti i libri sentiti raccontare da te :)
RispondiEliminaGrazie! Comunque sì, è un bellissimo romanzo, commuove e nello stesso tempo consente di approfondire una tematica davvero interessante.
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