Titolo: Io, però...
Autrice: Rosa Santoro
Editore: Arduino Sacco
Pagine: 141
Prezzo: 12,00 euro
Descrizione:
NUDA SUL FOGLIO DELL’EROS
E così tra Eros e Thanatos, tra
sesso estremo e il sempre presente anelito di sublime, la Santoro, attraverso
il personaggio di Margherita, ci conduce alla conoscenza di un mondo femminile
molto rigoroso, molto esigente con sé stesso e con gli altri, laddove sì, ella
pratica con dimestichezza il sesso, anche in modo promiscuo e con partners
multipli, concede e si concede ogni cosa, ma una cosa non perdona: “lei non
vuole il banale” - dalla prefazione di Salvatore Cosentino (Magistrato e
critico letterario).
L'autrice:
Rosa
Santoro, nata nel 1988 in
Puglia. Comincia a scrivere a soli
quattordici anni. Pubblica nel 2005 Le mie poesie, i miei sogni , nel 2011 I miei
delicati Fiori
, nel 2012 A
Jòhànàn e il mio viaggio. Ha studiato tre anni di Liceo Psicopedagogico e
successivamente Ragioneria. Ora studia all’università di Economia e spera di
laurearsi. Ad Aprile 2011 partecipa a un concorso per la Rivista Orizzonti e
viene selezionata e inserita nel libro Poesie del Nuovo Millennio vol. 8 di Aletti Editore con
l’opera Niente di niente. Ad Aprile 2012 incomincia a scrivere per il
giornale della Basilicata Controsenso e Agorà Magazine. Il 2 Giugno 2012 ha luogo la
premiazione dell’opera Germogli melanconie del libro I miei delicati
Fiori, per
l’Associazione Onlus Artemozioni - Martina Franca (Ta). Il 29 Giugno 2012,
Velletri (Rm) è finalista del XVI concorso Mario dell’Arco e inserita
nell’antologia Mario dell’Arco con l’opera All’anima Mia .
La mia recensione:
Un romanzo senza trama, dal mio punto di vista, è come un
palazzo senza fondamenta. Proprio così mi è parso Io, però…, più che una storia di senso compiuto si tratta infatti
di un insieme di frammenti che ci rendono edotti sulla vita sessuale della
protagonista.
Margherita è una ninfomane (era una cagna afrodisiaca pervasa da fame genitale), in più coltiva
una strana forma di esibizionismo
letterario che la spinge a catturare sulla carta tutte le sue esperienze e
sensazioni in materia, possibilmente nel momento stesso in cui le vive, ragion
per cui non è insolito sorprenderla a scrivere mentre pratica autoerotismo o si
“accoppia” con qualcuno. Non è per caso e nemmeno per svista che ho utilizzato
il termine “accoppiarsi” perché il modo di fare sesso privilegiato da questa
donna ha molto di animalesco ed esclude i sentimenti.
“Il mattino appena
svegli sembrava che in quella camera ci fosse un ammasso di pecore su pecore,
tutti con i buchi tappati” (pag. 93)
Margherita ha l’abitudine di prendere il treno e di
reclutare lì sconosciuti con cui soddisfare le sue voglie. Non c’è contesto,
non c’è caratterizzazione dei personaggi, non c’è storia tra queste pagine; vi
è solo un frenetico alternarsi di fotogrammi espliciti che documentano ardite
performance tanto che, dal principio alla fine, mi è sembrato di leggere un film porno più che un romanzo
erotico.
Sesso decontestualizzato, è questo l’oggetto costantemente
al centro della scena; sesso descritto in tutte le sue forme, con particolare
attenzione alle perversioni. Difficilmente ci si imbatte in amplessi “normali”
o che abbiano qualche sfumatura romantica; Margherita vuole essere una donna
oggetto, vuole essere usata, abusata, violentata, in coppia oppure in gruppo,
da uomini o donne, non fa grande differenza. Se ne ricava dunque una sorta di
diario intimo incentrato su un’idea di piacere che si identifica, in via quasi
esclusiva, con pratiche estreme e aberrazioni. Cinghiate, schiaffi, escrementi,
bottiglie infilate negli orifizi intimi, offese verbali, sono questi gli
strumenti che Margherita insegue per raggiungere l’apice del godimento.
Sorvolando sui difetti che denotano la mancanza di un buon
editing e sui continui cambi di tempo verbale, particolarissimo è lo stile
narrativo, sicuramente originale ma così infarcito di figure retoriche da
risultare più barocco che poetico (come forse era nelle intenzioni
dell’autrice), interessante nelle parti narrate ma poco credibile nei dialoghi
in cui ricorre senza distinzione.
“Sì, ancora, ancora…
riempimi l’anfora e strapazzami l’orlo” (pag. 30)
Così si esprime la protagonista in uno dei tanti momenti di
intimità ed è questo il registro che adotta abitualmente seguita a ruota dai
suoi numerosissimi partner. Alla succitata richiesta, infatti, l’amante di
turno risponde:
“Lasciati aprire
l’immensità. Non frenarti [...] Voglio sentire i tuoi gemiti esplodere e farmi
rabbrividire l’asta” (pag.30)
Il dialogo è senza dubbio pittoresco ma non so quanti
possano esprimersi davvero in questo modo in frangenti simili.
Raramente gli organi sessuali vengono chiamati con il loro
nome, assumendo appellativi che, dalla magnolia all’orchidea, fanno sfilare un
intero giardino botanico davanti ai nostri occhi, mentre improbabili similitudini si
avvicendano nella descrizione degli amplessi.
“Era diventata un
continuo terremoto fra le gambe e la florida orchidea” (pag. 35)
“Sentiva la pulizia in
casa e il tulipano arrivare con la schiuma di panna” (pag. 59)
“Quel ragazzo che le
innaffiava quella sua primavera graziosa si accorse di quanti semi aveva
raccolto in quel sedere. Non era finita. Appena il ragazzo finì di seminare,
una donna cercava di toglierle il liquido bianco piantato nel vulcano.” (pag.
93)
“E in più con una
frusta le colpivano la corolla […] Lo stilo riceveva un lieve solletico che
andava a disturbare fino alle ovaie. Era un continuo produrre polline gommoso.
Quella rugiada fresca rinfrescava gli assetati ed era un dissetante che si
poteva bere già dallo stigma. Dall’inizio fino alla fine era proprio una bella
magnolia” (pag. 104)
Come si evince da questi piccoli assaggi, è innegabile
l’originalità espressiva che contraddistingue il testo, in tutta sincerità però
non sono riuscita a scovare la poesia tra queste immagini che, a prescindere
dall’abito, rimangono crude e di dubbio gusto. Per quel che mi riguarda ho
trovato l’insieme per nulla eccitante e tendenzialmente volgare, di certo anni
luce distante dalla mia idea di eros.
Originale lo sarà di sicuro, ma trovo alcune espressioni davvero di cattivo gusto. Tutti quei giri di parole, francamente, li trovo fastidiosi. Non sono raffinati nemmeno un po', anche se credo che quello fosse l'intento dell'autrice. Le parti del corpo e gli organi sessuali non sono mica parolacce indicibili, eh: molti dovrebbero capirlo. Basti pensare a "Sessioni d'amore" che è una perla di libro. O a "Mille baci, e ancora cento".
RispondiEliminaCredimi, ho faticato sul serio a leggerlo perchè alcuni passi mi hanno davvero disgustata. Se non avessi avuto l'impegno di recensirlo lo avrei abbandonato dopo poche pagine. .(
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