Titolo: Il bambino nel paese dei canguri
Autore: Gilles Paris
Editore: Piemme
Collana: Narrativa
Pagine: 238
Prezzo: 15,50 euro
Descrizione:
Simon ha nove anni e vive con i genitori in un grande appartamento a Parigi. Suo papà fa lo scrittore (in realtà scrive libri
per gli altri), ma si occupa anche di lui e della casa, dato che la mamma è quasi sempre in Australia per lavoro.
Un giorno però il papà viene ricoverato per depressione, e a prendersi cura di Simon è l'eccentrica nonna Lola, nella sua
casa magica, piena dei ricordi di un grande amore, dove tiene sedute spiritiche insieme alle amiche "streghe".
Simon non capisce granché della malattia di suo padre, ma, andando a trovarlo in ospedale, per fortuna fa amicizia con Lily: una bambina dagli occhi viola che sa molte più cose di quante gli adulti siano disposti a spiegargli.
Grazie a lei, Simon riuscirà a trovare le parole per descrivere quello che sta succedendo intorno a lui. Fino a scoprire una verità impensabile.
Un libro che affronta con toni leggeri il tema drammatico della depressione. Il romanzo nasce dall'esperienza diretta dell'autore, che ha sofferto di questa malattia.
Gilles Paris. Lavora nel mondo dell'editoria da anni. Il suo precedente romanzo, Autobiografia di una zucchina, ha riscosso grandissimo successo in Francia, dove ha venduto oltre 100.000 copie. L'autore è pubblicato in 7 paesi.
La mia recensione:
In un mondo ideale i bambini non dovrebbero confrontarsi con
la morte, il dolore, l’abbandono. Li vorremmo spensierati e felici, al riparo
dalle brutture del mondo. Nella realtà però le cose non vanno sempre come si
vorrebbe, la vita è fatta di luci e ombre e queste ultime non risparmiano i più
piccoli. Così può accadere che un bimbo di soli nove anni si ritrovi a
interrogarsi sul motivo dell’assenza prolungata della mamma, sul significato
del velo che da qualche tempo offusca lo sguardo del papà, sull’origine della
strana malattia che lo ha colpito, quella che la nonna chiama un “brutto
raffreddore” ma che al posto degli starnuti fa fare cose stranissime come
chiudersi in una lavastoviglie.
Depressione, è questo il nome del mostro che incombe sulla
quotidianità di Simon, quello che minaccia di portargli via il padre mentre la
mamma è già volata da un pezzo nel paese dei canguri, un nome che ignora e che
i grandi evitano di pronunciare in sua presenza ma che dovrà imparare a conoscere suo malgrado.
Non è esattamente un famiglia felice quella toccata in sorte
al piccolo protagonista di questo romanzo. I genitori hanno smesso di andare
d’accordo da quando i loro obiettivi sono diventati inconciliabili: la mamma ha
scelto di essere una donna in carriera, lavora per la Danone, guadagna tanti
soldi ed è quasi sempre in viaggio, mentre il papà si accontenta di scrivere
libri per gli altri rimanendo confinato tra le mura domestiche. La grande
ambizione dell’una è in netto contrasto con la totale mancanza di ambizioni
dell’altro al punto che ha eretto tra i due un muro invalicabile.
Simon, come spesso accade in questi casi, si ritrova nel
mezzo, vittima inconsapevole degli errori degli adulti. Il suo vero punto di
riferimento però è il papà. È lui che lo accudisce, che gli prepara i pasti, che
sbriga le faccende domestiche affinché viva in un ambiente pulito e ordinato.
La mamma, invece, è una presenza scostante; è quasi sempre via e quando torna a
casa, tra un viaggio di lavoro e l’altro, sembra accorgersi a mala pena della
sua esistenza. Da quando è andata nel paese dei canguri non l’ha più sentita
neanche per telefono perché chiama sempre mentre dorme.
Così quando una mattina, al suo risveglio, Simon trova il
padre rannicchiato nella lavastoviglie e poi apprende che dovrà andare a stare
in una clinica per un po’ perché si è ammalato, si ritrova completamente
smarrito in una realtà che non ha più nulla di rassicurante.
Certo, non è del tutto solo. C’è la nonna Lola che gli vuole
bene e che è pronta a prendersi cura di lui fino a che il papà non torna ma non
sembra ben disposta a fornirgli le risposte di cui ha bisogno.
Sarà Lily, una bambina incontrata nella stessa clinica in
cui è ricoverato suo padre, che lo aiuterà a comprendere. A differenza dei
grandi, lei non avrà timore di chiamare le cose con il loro nome e di spiegargli
alcune tristi verità.
«Il tuo papà ha una
malattia che è difficile da capire per i grandi.»
«Perché, Lily?»
«Perché è una specie
di specchio in cui nessuno vuole guardare. Tutti hanno le loro debolezze, i
loro momenti di stanchezza, di stress, quindi a chiunque può capitare di
passare davanti a quello specchio […]Nessuno ha voglia di sentir parlare di
questa malattia , che può andare a bussare alla porta di chiunque in qualsiasi
momento […]»
Attraverso un dialogo sospeso tra l’onirico e il surreale,
Simon riuscirà finalmente a capire quello che sta accadendo; si confronterà con
il male oscuro che ha colpito il papà e, gradualmente, giungerà anche alla
scoperta di un terribile segreto che riguarda sua madre.
Con grandissima delicatezza l’autore affronta in queste
pagine due temi scottanti: la depressione e la morte e lo fa adottando il punto
di vista di un bambino. La storia che ci consegna diviene dunque il limpido
affresco di un dramma visto con gli occhi dell’infanzia. Simon si racconta in
prima persona; filtrando il tutto attraverso il linguaggio semplice e diretto
tipico della sua età, ci consente di compenetrare il suo stato d’animo, le sue
ansie, le sue angosce. A volte prevale l’ingenuità che normalmente ci si aspetta da un bambino di nove anni e che
non manca di strappare un sorriso; altre emerge una maturità precoce derivata
dall’esperienza e a quel punto il sorriso cede il posto a un nodo che stringe
lo stomaco.
La trama, fortemente ancorata alla realtà, si sviluppa in
una bolla in odore di realismo magico. Pur non perdendo mai il contatto con la
concretezza Gilles Paris non rinuncia a quel pizzico di magia che comunque connota
la fanciullezza. Il suo racconto schietto e privo di artifici si tinge così di
sfumature che finiscono per rendere il romanzo unico nel suo genere. La nonna
Lola, che pur rifugge il confronto diretto, è una donna molto stravagante;
organizza sedute spiritiche insieme alle sua amiche streghe, vive in una casa
in cui si respira un’atmosfera surreale e frequenta un uomo che lavora al lunapark.
A suo modo è una versione moderna e più realistica della fiabesca fata
madrina e, inconsapevolmente, getta un ponte tra il nipote e l’entità che saprà
guidarlo verso la comprensione e l’accettazione della verità.
Bambina in carne e ossa, fantasma, angelo, amica
immaginaria… è impossibile stabilire cosa o chi sia Lily in realtà. Forse è niente
di tutto ciò o tutto questo insieme, di certo è una guida capace di dare un
senso all’incomprensibile, di rendere più tollerabile il buio e mostrare uno
spiraglio da cui possa tornare a filtrare la luce.
A dispetto della drammaticità dei temi trattati, Il bambino nel paese dei canguri,
trasmette infatti un forte messaggio di speranza. Un libro toccante e, in un
certo senso rigenerante, parla di perdite e di dolore ma, alla fine, lascia i
riflettori puntati sulla possibilità della rinascita.
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