giovedì 11 aprile 2013

Intervista a Simone Guidi

Simone Guidi  ha 40 anni e vive nel cuore della Valfreddana, Lucca. Dal 2002 ha iniziato a scrivere per diletto, poi qualcuno gli ha detto che era bravo e da allora non ha mai smesso. Nel 2007 ha pubblicato il suo primo libro, nel 2009 il secondo. Il terzo se Dio vorrà.
Nota bene: è uno che quando si siede al ristorante ha l’aria di essere stato già servito. 



Benvenuto Simone! Per cominciare, come ti presenteresti ai lettori del blog?
Sono uno che fa la solite cose che fate anche voi. Corro dietro al lavoro e a mia figlia di 3 anni, dormo pochissimo la notte, guardo film brutti e telefilm peggiori, gioco ai videogiochi  vecchi perché con quelli nuovi proprio non mi trovo e ascolto canzoni piene di tizi col ciuffo. Niente di trascendentale, niente di atipico. Solo la costante lotta quotidiana per una sopravvivenza decente.

Quando hai cominciato a scrivere e cosa ti ha spinto a farlo?
A scrivere ho cominciato per caso su internet. In un periodo in cui mezzo mondo lo faceva e chiunque lo facesse sembrava che poi avrebbe nuotato nell’oro come zio Paperone. Ovviamente io ero nella metà sbagliata di quel mondo e quello che ne ricavai furono tanto lavoro a gratis e parecchie frustrazioni. Finita l’esperienza internettiana mi resi conto che avevo imparato a scrivere, o almeno mi ero convinto di saper fare qualcosina. Quindi, alla fine della fiera, ho iniziato a farlo nel 2001 per un progetto multimediale su internet e poi, semplicemente, c'ho preso gusto.     

Eravamo soltanto amici. Com’è nata l’idea?

L'idea è nata di conseguenza alla nascita di mia figlia Viola, perché quando hai un figlio cambia tutto...su tutto. Cambia il tuo modo di essere, il modo in cui affronti la vita, il modo in cui elabori le emozioni. Cambia tutto, è inevitabile. Come è anche inevitabile che la cosa impatti sul tuo stile, perché il tuo modo di scrivere esprime il tuo modo di sentire.
Da quando sono diventato papà credo di essere più sensibile a certe cose, più vulnerabile, e di conseguenza intollerante. Proprio da questa intolleranza sono partito per scrivere il romanzo. È stata una ricerca interiore per cercare di capire cosa fosse veramente un rapporto d'amicizia e mettere a nudo come intendevo che dovesse essere. Perché alla fine di certe persone, nella vita, se ne può fare tranquillamente a meno.

Michele, Gianni, Tommaso, Marco, quattro amici d’infanzia ma anche quattro uomini molto diversi tra loro. Ti va di presentarceli e di svelarci quale tra questi personaggi preferisci?
Michele Farnocchia è il protagonista. È il classico “figliol prodigo“ che torna all'ovile profondamente cambiato dopo un lungo periodo di assenza.
Il cambiamento non è soltanto fisico ma anche mentale. Per questo motivo, il suo atteggiamento verso gli amici è inizialmente molto cauto e comprensivo poi, man mano che la trama si dipana, i suoi tratti caratteriali emergono con prepotenza e lo rendono sempre più consapevole delle diversità che lo separano dai suoi compagni di viaggio.
Come indole è il classico tipo “da battaglia“. Uno che è abituato a gettarsi nella mischia, affrontare la pugna senza tirarsi indietro. Il tipo di persona che, in caso di guerra, vorresti sempre avere al tuo fianco per coprirti le spalle.
I suoi pregi sono l'altruismo, il coraggio e il credere fermamente in alcuni valori della vita come l'amicizia. Ha quindi un suo codice morale che non può fare a meno di seguire.
I suoi difetti sono la sua istintività, il suo farsi guidare dall'intuito, da quello che al momento gli sembra più giusto. Questo modo di comportarsi lo porta a conseguire tanti strepitosi successi quanti clamorosi fallimenti.
La definizione che lo identifica in pieno è: “ Un uomo talmente impegnato a voler fare la cosa giusta che spesso non si rende conto che la cosa giusta non è necessariamente la più intelligente
Gianni Serafini è invece l'antagonista. Un personaggio estremamente egoista e solitario.
Indolente di natura, vuole sempre conseguire il massimo rendimento con il minimo sforzo anzi, possibilmente con nessuno sforzo. Fin da bambino ha sempre sempre anteposto i suoi interessi a quelli di chiunque lo circondasse. Amici, nemici, conoscenti, parenti, non importava chi fossero, ma mentre lo faceva predicava l'altruismo con tutti.
Grande oratore, possiede una parlantina sciolta e un grande potere persuasivo ( verso chi non lo conosce ovviamente ) ma in realtà è un cazzaro number one, falso come una banconota da 7 euro.
Gianni è anche molto invidioso degli altri, ma in particolare lo è di Michele Farnocchia. Con lui è sempre arrivato ai ferri corti in quanto intimamente desideroso di vivere la vita del suo amico, ma  anche consapevole di non essere in grado di farlo.
È un personaggio senza alcuna moralità o scrupolo, agisce in estrema libertà senza freni inibitori. Per questo motivo la maggior parte dei confronti che ha avuto con Michele lo hanno visto vincitore. Ma se pur vincente, Gianni non è soddisfatto di questi risultati, perché sa benissimo che il suo avversario segue delle regole che lui sceglie di non osservare. Il confronto è palesemente impari e quindi non gratificante. Questo non fa altro che accrescere il suo odio verso Michele e farlo sentire ancor di più un frustrato. La frase che lo identifica meglio è: “ L'unica cosa che importa a Gianni Serafini è Gianni Serafini
Marco Tofanelli è invece il bene, la luce nell'oscurità e il motore di tutta la storia. Omosessuale dichiarato è sempre stato osteggiato e vilipeso in famiglia come nella comunità. Nonostante questo, non si è mai vergognato di se stesso né ha cercato di nascondersi fingendo di essere ciò che non era. Da questo punto di vista è simile a Michele Farnocchia. Anche lui è un combattente, uno che affronta la vita a viso aperto senza sotterfugi o giochetti che gli permettano di scavalcare gli ostacoli. È legato da una profonda amicizia a Michele. I due si conoscono dalla tenera età. Forse c'è stato un tempo in cui ha desiderato che il loro legame si trasformasse in qualcosa di più, una relazione sentimentale, ma il desiderio non si è mai realizzato proprio perché essendo così legato a Michele e conoscendolo bene, era sicuro che su quel piano le sue attenzioni non sarebbero state corrisposte e la loro amicizia sarebbe stata pregiudicata per sempre. Anche se non ha mai lasciato veramente la sua città natale come Michele, Marco è riuscito a costruirsi una vita propria e autonoma. Ha il suo lavoro e i suoi affetti a cui tiene tantissimo. Ha anche un ottimo ricordo dei suoi amici di infanzia, concepiti come una specie di salvagente. A loro si era aggrappato per non sprofondare nel mare di soprusi che subiva in famiglia da parte di un padre violento. Ha conservato un ottimo rapporto con Tommaso Rea, il quale saltuariamente lo va a trovare  per fare quattro chiacchiere senza particolari pretese. Nonostante il suo prediletto sia Michele, vuole ugualmente bene anche agli altri e cerca sempre di tenere unito il gruppo anche in situazioni di estrema tensione interna. È un personaggio gioviale e la sua vita è nella moda. Vestiti, scarpe e abiti in generale sono il suo pane quotidiano, ma anche se è propenso a giudicare le persone in base all'abbigliamento, rimane un buono di cuore, disposto a rimangiarsi i suoi giudizi quando si accorge di aver sbagliato ( non è cosa da poco ). La frase che lo identifica meglio è: “ Gioia mia, sei l'uomo perfetto! Ma allora perché non sei gay? “
L'ultimo personaggio, Tommaso Rea, è la spalla comica del romanzo. Colui a cui è affidato il compito di far ridere e sdrammatizzare le situazioni.
Ha un aspetto inquietante, al quale contribuisce la sua avversione per l'igiene personale e il suo sguardo vacuo, con un occhio di colore diverso dall'altro che talvolta si disallinea.
È un sempliciotto, il classico scemo del villaggio al quale poter dare a bere di tutto finché questo “di tutto“ non pregiudica le sue finanze o i suoi interessi.
Da questo punto di vista è simile a Gianni Serafini. L'egoismo accomuna i due personaggi anche se, nel caso di Tommaso, assume i connotati di vera e propria spilorceria.
L'avarizia è infatti un tratto fondamentale del suo carattere. Se una cosa, qualsiasi cosa, è gratis, allora è sicuramente buona e bisogna accaparrarsela a tutti i costi. Se una cosa ha un costo, allora diventa superflua, se ne può fare benissimo a meno.
Con questa filosofia Tommaso affronta la vita e gestisce la sua famiglia che contempla un figlio non desiderato da accudire e una compagna straniera molto interessata al permesso di soggiorno.
Il suo animo semplice si esprime anche attraverso il suo modo di parlare, pieno di inflessioni dialettali e modi di dire tipici delle vecchie generazioni anni 50 post-guerra.
Adora letteralmente Gianni Serafini e il motivo va ricercato prevalentemente nel fatto che Gianni sia il suo pusher. Tommaso ha infatti due grandi passioni nella vita: la playstation e le droghe leggere.
Anche lui è un personaggio caotico, nel senso che non segue particolari regole in quanto, anche se ci fossero, non riuscirebbe a capirle.
La frase che lo identifica meglio è: “ Se Tommaso si pulisse il culo e vedesse del sangue sulla carta igienica, la sua reazione sarebbe di cacare al buio per i successivi trenta giorni e sperare.“
Personalmente sono molto affezionato a Michele Farnocchia. In lui ho riversato alcuni tratti che erano tipici del mio carattere. Questo fatto di voler fare la cosa giusta a tutti i costi senza accorgersi di starsi dando la zappa sui piedi è stato uno dei tratti tipici della mia personalità per molto tempo prima di capire che la vita non era solo una natta divisione tra bianco e nero. Lui è un po' il mio Batman che combatte contro un Joker grasso e pelato.

L’amicizia è uno dei temi principali del romanzo. Quale il suo significato per te? L’amicizia vera è per sempre o, come accade ai protagonisti della tua storia, è destinata a subire comunque gli scossoni del tempo?
“Amico” è una parola grossa che spesso si usa a sproposito. La si attribuisce con troppa facilità e per questo la si banalizza riferendola a semplici conoscenti.
Troppo spesso accade di avere una rubrica straripante di contatti, con centinaia di nomi, e poi si scopre che nel momento del bisogno nessuno risponde alle chiamate. Troppo spesso si presta aiuto a qualcuno che, sappiamo bene, non contraccambierà mai. Troppo spesso chi tenta di fregarti è la stessa persona che gode della tua massima fiducia.
Ho scritto un breve pensiero all'inizio del romanzo proprio in merito a questo. Non tutte le amicizie sono uguali, ovviamente, ma è indubbio che il fattore tempo giochi un ruolo fondamentale, strettamente legato all'invidia. Spesso la vita è spietata e lo è senza una logica precisa. Lo è e basta. Certe cose accadono e non possiamo farci niente se non rimboccarci le maniche e cercare di migliorare la situazione, fare in modo che non si verifichi più o perlomeno, se si verifica, cercare di farsi trovare preparati e ridurre i danni al minimo. Ci vuole quindi la volontà di affrontarla questa vita, di tenerle testa, di batterla sul campo, cercare di fare sempre il meglio anche se si sa di non poter conseguire la piena vittoria. Ecco. Non tutte le persone posseggono questa forza di volontà, e molti trovano più facile sedersi e aspettare che accada qualcosa, non si sa bene cosa. Una lotteria, un colpo di fortuna, una congiunzione astrale e o più semplicemente che capiti un pollo da poter sfruttare e faccia il lavoro per loro. Queste persone, oltre che indolenti, sono anche invidiose di tutti quelli che riescono a fare meglio di loro perché ,semplicemente, mettono in risalto il loro fallimento.
Ovviamente quando queste cose si verificano non accadano certo nel giro di una notte. Sono covate a lungo tra silenzi e bugie. Hanno un tempo di incubazione di anni fino a che, di solito dopo i trent'anni di età, l'essere umano comincia a fare un bilancio della propria vita e a fare paragoni con quelle delle persone vicine. A quel punto il sentimento dell'invidia può prende il sopravvento e avvelenare legami che fino a quel punto sembravano granitici.
Certo, non tutti i rapporti di amicizia si svolgono in questa maniera, ma una gran parte si. Poi ci sono anche amicizie sincere e disinteressate basate su un franco confronto reciproco, ma personalmente credo che questo tipo di rapporti si possano contare sulla punta delle dita nell'arco di una vita e vanno tenuti stretti e difesi come fossero la cosa più preziosa del mondo.
 
Altra tematica di scottante attualità affrontata nel libro è quella dei matrimoni omosessuali. Il tuo pensiero in merito?
Io ho conoscenze omosessuali, sia donne che uomini. L'ho sempre avute fin dai tempi della scuola e non ho mai tentato di nasconderlo. Sinceramente non mi è mai importato molto di come una persona viva la propria sessualità e la cosa mi ha sempre lasciato abbastanza indifferente. Alla base di tutto penso ci sia la sicurezza personale dell'individuo. Spesso certi atteggiamenti omofobi financo ai classici sfottò da spogliatoio o da bar che dir si voglia, sono dovuti semplicemente alla paura, all'insicurezza delle persone. Se una persona è consapevole dei suoi gusti sessuali non ha niente da temere. Io non provo imbarazzo o paura quando mi trovo in mezzo a persone che non sono etero come me, per il semplice motivo che sono consapevole di quello che mi piace. Forse altri non lo sono e per questo si sentono imbarazzati o a disagio quando si devono relazionare. Mi sembra sacrosanto riconoscere il diritto di unione civile al popolo gay e lesbo e il voler nascondere il problema sotto il tappeto, oltre che impossibile, a questo punto è diventato anche irritante. È un offesa all'intelligenza dell'individuo. Per le adozioni invece penso che i tempi non siano ancora maturi. Ci si arriverà ma gradualmente, passo dopo passo, partendo dalla legalizzazione dei matrimoni in poi. Ovviamente parlo per l'Italia. Una nazione che deve fare i conti con il Papa, i finti perbenisti e tutto il resto. 

Cento di questi giorni, Raccolta differenziata, Eravamo soltanto amici. Hai all’attivo tre pubblicazioni molto diverse tra loro per genere e contenuti. A quale dei tre libri ti senti più legato e perché?
Sono molto affezionato a tutti e tre i libri e sono anche consapevole che siano molto diversi tra loro. Questo perché anch'io sono cambiato con loro. “Cento di questi giorni” è sicuramente il più divertente anche se abbastanza acerbo. Dentro ci riversai una miliardo di idee compresse a ritmo incalzante e suscitò impressioni positive, specialmente per la sua particolare attenzione al tema del matrimonio. Al tempo non avevo nessuna consapevolezza delle mie capacità. Avevo scritto quel libro per sfogare una storia che mi premeva contro le pareti del cervello e niente più. A ripensarci adesso ne curerei di più la promozione e farei qualche modifica di struttura. Resta il fatto che gli voglio un gran bene, proprio come fa una mamma con un primogenito dal viso bellissimo ma con una corporatura esile.
“Raccolta Differenziata“ invece è nato per pura sperimentazione. Volevo vedere quanto potevo arrivare lontano cimentandomi in generi letterari con canoni ampiamente predefiniti. Sono soddisfatto di quello che ho fatto e anzi, credo che se avessi un po' più di tempo a disposizione ne scriverei il seguito, dato che il finale era aperto. Mi dispiace soltanto che non sia stato capito da tutti. Qualcuno interpretò come una specie di “passo indietro” il voler trattare l'horror e il fantasy, ma del resto io volevo provarci...
“Eravamo soltanto amici” è forse la mia opera più intima e matura. Ne sono orgoglioso. È stato partorito in due anni durante i quali ho riflettuto molto e cercato di curarne ogni minimo particolare.  Senza false modestie credo che sia il punto più altro dove sono mai arrivato fino ad ora e mi auguro che chi lo leggerà se lo porti nel cuore come ho fatto io per tutto il tempo necessario a scriverlo.   

Dal tuo esordio a oggi in che modo è cambiato il tuo modo di rapportarti alla scrittura (se è cambiato)?
Questa domanda è interessante. Quando ho iniziato a scrivere procedevo a blocchi. Inizialmente tiravo giù uno schema grossolano con i passi salienti della storia. C'erano un inizio, uno svolgimento e una fine già definiti, poi mentre scrivevo mi lasciavo la libertà di espandere la storia sul momento così, come mi veniva. L'importante era che alla fine del blocco rientrassi nella carreggiata segnata dallo schema. L'ho fatto per “Cento di questi giorni” e “Raccolta differenziata”. Per “Eravamo soltanto amici” ho invece fatto diversamente. Sono partito dai personaggi, facendomi dei veri e propri dossier su di loro. Una volta definiti e resi autonomi, li ho fatti muovere per inseguire uno scopo comune che era quello di arrivare a Madrid. La storia è venuta di conseguenza. Sono stati i personaggi a raccontarmela man mano che scrivevo. Come fece il buon vecchio zio King quando mise in moto la saga della Torre Nera con la frase “L'Uomo in Nero fuggì nel deserto, ed il pistolero lo seguì” così ho fatto io con “I costruttori di capanne salgono sul camper per raggiungere Madrid “.
Incredibile vero? Eppure è così che è andata.
 
Lo scorso 18 marzo a Viareggio si è svolta la prima presentazione ufficiale di Eravamo soltanto amici. Un tuo feedback su questa esperienza?
Positiva sicuramente! Come il libro che mi sono accinto a presentare, è stata forse la migliore che abbia mai fatto. Mi sono meravigliato della mia sicurezza e disinvoltura, questo forse era dovuto alla mia gratificazione nel presentare quest'opera in cui credo fortemente. Avevo una gran voglia di parlarne e l'emozione non mi ha mai bloccato. Spero che il libro piaccia come è piaciuto a me scriverlo. Tutto il resto è noia.

Domanda da un milione di euro: è più difficile scrivere un libro, pubblicarlo o promuoverlo?
Promuoverlo. L'accesso a qualsiasi mezzo di propaganda, sia che si parli di giornali, affissioni, radio o TV, comporta un costo che per un autore emergente, già di per se spiantato, è semplicemente proibitivo. Alla fine della fiera il pubblico viene raggiunto da chi ha più risorse economiche e non da chi offre un prodotto qualitativamente migliore, questo non è giusto.
Le stesse case editrici, anche quando si ha la fortuna di trovare quelle che non richiedono alcun contributo economico come nel mio caso, non hanno la forza né la volontà di spingere gli autori più di tanto. Proprio perché sanno benissimo che il mercato è completamente bloccato e vincolato a canali che esigono un considerevole impegno economico. La strada dei concorsi letterari poi, quella è impraticabile. Se si cerca su internet se ne trovano UNO ZILLIONE per poi scoprire che i tre quarti sono a pagamento e di dubbia qualità, mentre i restanti sono palesemente pilotati per favorire una certa casa editrice piuttosto che un'altra. Insomma. L'autore emergente deve sperare in un colpo di fortuna per poter concludere qualcosa di più. È brutto dirlo ma è così.

Il romanzo è disponibile sia in versione cartacea che in ebook. Da lettore, quale tra i due formati preferisci? Quale il tuo approccio all’editoria elettronica?
Io sono schiavo di un iCoso. Me l'hanno regalato per il mio quarantesimo compleanno e da quando mi è entrato in casa è diventato il quarto inquilino. Con l' iPad ci faccio tutto, manca solo la marmellata di more e poi sarei al completo. Va da sé che ho dirottato tutte le mie letture su di lui, vuoi per praticità di consultazione, vuoi per il risparmio di spazio e infine, ragione non da poco, vuoi perché se lo leggo a letto non ho bisogno di accendere luci e di conseguenza mia moglie non si sveglia per tirarmi LO ZOCCOLO.
Inoltre i prezzi dei libri in formato elettronico sono super-competitivi e si aggirano intorno alla metà del prezzo del formato cartaceo. A livello psicologico questa cosa ti aiuta parecchio a digerire le fregature tipo come per l'ultimo libro di Ammaniti. Lo compri in formato elettronico pagandolo la metà del cartaceo, ti accorgi che FA SCHIFO e sopporti meglio il dispiacere perché perlomeno hai speso poco.

Sogni nel cassetto e nuovi progetti per il futuro?
I sogni sono milioni di milioni, come la stella di Negroni. Mi piacerebbe tanto avere un po' più di tempo libero da poter dedicare a me stesso ma mia figlia ha detto che per adesso non se ne parla. Dice che quando è nata ho firmato un contratto col sangue in cui mi sono impegnato a metterla sempre in primo piano e accudirla nel migliore dei modi, per cui per il momento ciccia. “ Rivolgiti al sindacato dei papà e spera” mi ha detto.
Per quanto riguarda il prossimo progetto invece, come ho già accennato in precedenza vorrei scrivere il seguito di “Raccolta Differenziata”. Ho già diverse idee in testa ma manca il tempo per organizzarle e soprattutto metterle per scritto. Con la gestione del mio blog personale poi, simoneguidi.info, i tempi si sono ulteriormente ridotti. Mi toccherà uniformarmi al trend generale e sperare anch'io in un colpo di fortuna o che la rivoluzione della terra rallenti concedendomi delle giornate di 28 ore.

E per saperne di più... 

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