In uscita il 25 novembe 2015
Titolo: Prima che
arrivassi tu
Autore: Tania
Paxia
Editore:
self-publishing
Genere: narrativa
(rosa)
Pagine: 325
Prezzo: 0,99€
Disponibile su Amazon
Descrizione.
“Non hai mai stretto una promessa solenne?” scosse la testa.
“Sul serio?” aggiunsi, allibita. “Intreccia il mignolo col mio e ripeti quello
che ho detto”.
“Bastava anche una stretta di mano”.
“No no”, scossi il capo. “Ci vuole la promessa solenne”. Agitai la mano in aria per incitarlo e, con diffidenza, intrecciò il suo mignolo col mio.
“Prometto di aiutarti”, si interruppe per ricordarsi le parole che avevo usato io, “se tu aiuterai me, quando e se”, si interruppe ancora, “ne avrò bisogno?” risultò più come una domanda, ma apprezzai il tentativo. Allegra (Ally) Thomas ha ventun anni, vive a Pisa e ha cambiato tre facoltà diverse in tre anni. È avvilita e senza una prospettiva per il futuro, soprattutto dopo la brusca lite con il padre di origini americane che la vorrebbe laureata in architettura, come lui. Ma Ally ha un sogno: scrivere e tradurre libri.
“Bastava anche una stretta di mano”.
“No no”, scossi il capo. “Ci vuole la promessa solenne”. Agitai la mano in aria per incitarlo e, con diffidenza, intrecciò il suo mignolo col mio.
“Prometto di aiutarti”, si interruppe per ricordarsi le parole che avevo usato io, “se tu aiuterai me, quando e se”, si interruppe ancora, “ne avrò bisogno?” risultò più come una domanda, ma apprezzai il tentativo. Allegra (Ally) Thomas ha ventun anni, vive a Pisa e ha cambiato tre facoltà diverse in tre anni. È avvilita e senza una prospettiva per il futuro, soprattutto dopo la brusca lite con il padre di origini americane che la vorrebbe laureata in architettura, come lui. Ma Ally ha un sogno: scrivere e tradurre libri.
Le cose si complicano dopo la sua partenza programmata per una vacanza di tre
mesi a Brooklyn organizzata dai suoi zii e cugini americani. All'inizio è
logorata dai sensi di colpa e perseguitata dagli incubi, ma le basta uno
scontro accidentale con un ragazzo, Evan James, sul marciapiede di fronte al
ristorante di suo zio, per cambiare tutto, arricchire le sue giornate e passare
qualche ora spensierata...a parte la sbornia che riesce a rimediare durante
un'uscita con suo cugino e i suoi due amici, tra i quali c'è anche Evan. Ma
Evan ha in mente soltanto una donna: Madison. Per questo Ally decide di stringere
una promessa solenne con lui per aiutarlo nell'impresa di riconquistare la sua
ex fidanzata. Tra equivoci, shopping, bagni in piscina, chiacchierate al buio e
baci rubati, Ally cercherà di fare chiarezza su ciò che vuole davvero.
L'autrice:
Tania Paxia vive a Bibbona, un paesino nella provincia di
Livorno. Frequenta la facoltà di Giurisprudenza (Magistrale) di Pisa e una
delle sue grandi passioni è scrivere.
“Nicholas ed Evelyn e il Diamante Guardiano” è il suo primo romanzo. Il racconto che lo segue “Nicholas ed Evelyn e il Dragone Carbonchio” è uscito il 1 marzo. Il secondo della serie “Nicholas ed Evelyn” è in fase di scrittura. Nel frattempo, ha scritto altri libri: “La Pergamena del Tempio” un giallo su base storica edito da Europolis Editing, in ripubblicazione autonoma il 14 agosto 2015, un paranormal “Il marchio dell’Anima EVANESCENT The Rescuer of Souls #1”, un fantasy “La cacciatrice di stelle”, una commedia romantica intitolata “Sono io Taylor Jordan!” e un romance “Ti amo già da un po’”.
“Nicholas ed Evelyn e il Diamante Guardiano” è il suo primo romanzo. Il racconto che lo segue “Nicholas ed Evelyn e il Dragone Carbonchio” è uscito il 1 marzo. Il secondo della serie “Nicholas ed Evelyn” è in fase di scrittura. Nel frattempo, ha scritto altri libri: “La Pergamena del Tempio” un giallo su base storica edito da Europolis Editing, in ripubblicazione autonoma il 14 agosto 2015, un paranormal “Il marchio dell’Anima EVANESCENT The Rescuer of Souls #1”, un fantasy “La cacciatrice di stelle”, una commedia romantica intitolata “Sono io Taylor Jordan!” e un romance “Ti amo già da un po’”.
Estratto:
Stai giocando con il tuo futuro
Quando lo faceva era un brutto segno, perché voleva dire che
aveva dismesso i panni dell’amica per indossare quelli della sorella maggiore.
E non maggiore di qualche anno, ma di dieci. Era quasi una seconda mamma. Aveva
ragione a farmi quella domanda, perché l’indomani, mercoledì, avrei dovuto
prendere un aereo diretto a New York. Anche se non ero dell’umore adatto a
intraprendere un viaggio di quasi dieci ore.
Rebecca – Becky per gli amici e familiari – era quella laureata in architettura, con un lavoro rispettabile, in maternità dopo aver avuto il suo primo figlio l’anno prima, sposata da cinque anni con Fabio, il suo fidanzato storico, nonché collega, conosciuto il primo anno di università. Lei era quella con la testa a posto. Lei era quella che si era costruita una famiglia e un futuro fin da ragazzina, lavorando d’estate per mantenersi gli studi, senza chiedere un soldo ai nostri genitori. E poi era sempre stata carina, gentile e disponibile con tutti. Insomma, lei era tutto il contrario di me, che ero considerata la simpaticona della famiglia, che a ventuno anni non aveva ancora ben capito cosa fare nella vita. Avevo cambiato tre – e dico tre – facoltà diverse in tre anni: la prima era stata ingegneria edile con l’indirizzo in architettura, costretta per forza di cose, visto che mio padre era un architetto e mia sorella si era laureata nel medesimo indirizzo di studi, seguendo le sue orme. Il bello è che avevo anche superato il test dell’esame d’ingresso perché la facoltà era a numero chiuso. Papà, Becky e Fabio mi avevano preparato a quell’esame sin dalle superiori. Con tutti quegli architetti in famiglia, avrei potuto fallire? No.
Ma purtroppo non faceva per me. Così avevo chiesto il trasferimento l’anno dopo, senza dire niente alla mia famiglia, alla facoltà di lettere e l’anno dopo ancora a lingue e letteratura straniera.
Rebecca – Becky per gli amici e familiari – era quella laureata in architettura, con un lavoro rispettabile, in maternità dopo aver avuto il suo primo figlio l’anno prima, sposata da cinque anni con Fabio, il suo fidanzato storico, nonché collega, conosciuto il primo anno di università. Lei era quella con la testa a posto. Lei era quella che si era costruita una famiglia e un futuro fin da ragazzina, lavorando d’estate per mantenersi gli studi, senza chiedere un soldo ai nostri genitori. E poi era sempre stata carina, gentile e disponibile con tutti. Insomma, lei era tutto il contrario di me, che ero considerata la simpaticona della famiglia, che a ventuno anni non aveva ancora ben capito cosa fare nella vita. Avevo cambiato tre – e dico tre – facoltà diverse in tre anni: la prima era stata ingegneria edile con l’indirizzo in architettura, costretta per forza di cose, visto che mio padre era un architetto e mia sorella si era laureata nel medesimo indirizzo di studi, seguendo le sue orme. Il bello è che avevo anche superato il test dell’esame d’ingresso perché la facoltà era a numero chiuso. Papà, Becky e Fabio mi avevano preparato a quell’esame sin dalle superiori. Con tutti quegli architetti in famiglia, avrei potuto fallire? No.
Ma purtroppo non faceva per me. Così avevo chiesto il trasferimento l’anno dopo, senza dire niente alla mia famiglia, alla facoltà di lettere e l’anno dopo ancora a lingue e letteratura straniera.
Mio padre se ne era accorto da pochi giorni, per caso,
durante una cena tra architetti, alla quale aveva partecipato anche il
professore di ‘Disegno dell’architettura’ e allora la copertura era saltata
ancora prima di fargli la sorpresa di avere un’altra figlia laureata. Non certo
nella materia che avrebbe voluto lui, ma almeno ero agevolata dal fatto che
parlavo due lingue dalla nascita, grazie a lui che era americano e si era
trasferito in Italia per amore di mia madre. Nel corso degli anni avevo
coltivato l’altra mia passione, ovvero la scrittura. Ero riuscita a finire di
scrivere due romanzi, uno dei quali lo avevo anche tradotto in inglese. Avevo
cominciato a scrivere seriamente alle superiori, durante l’estate. Era
diventato quasi un lavoro, perché mi portava via gran parte del tempo e non
riuscivo a fare altro, se non avere un minimo di vita sociale. Da quando mi ero
iscritta all’università, scrivevo tutte le sere, dopo cena, ma anche di
pomeriggio, invece di studiare. Eh lo so. Non avrei dovuto, ma la passione e la
voglia di finire un romanzo era talmente tanta da oscurarmi persino la ragione.
La sera stessa della scoperta avevo litigato con i miei genitori – più con mio padre in realtà – ed erano volate parole pesanti.
Molto. Pesanti.
La sera stessa della scoperta avevo litigato con i miei genitori – più con mio padre in realtà – ed erano volate parole pesanti.
Molto. Pesanti.
Grazie mille! ♥
RispondiElimina