Titolo: La scuola dei giochi segreti
Autrice: Rebecca Coleman
Editore: Dalai Editore
Collana: Pepe Nero
Pagine: 352
Prezzo: 9,90 euro
Pagine: 352
Prezzo: 9,90 euro
Descrizione:
Maryland, tardi anni Novanta. Nel cortile di una scuola Waldorf, tra
precetti di Rudolf Steiner, insegnanti impettiti e sciami di
adolescenti, l’incontro tra chi mai e poi mai avrebbe solo dovuto
sfiorarsi. Lei, Judy McFarland, è una maestra d’asilo quarantatreenne
dai sogni arenati e una livida vita coniugale che da tempo ha
tragicamente rinunciato a se stessa; lui, Zach Patterson, è uno studente
di sedici anni dalle maniere impertinenti, diviso tra una madre piena
di mancanze e la gran fatica di essere il nuovo arrivato in città. Se il
loro passo dall’amicizia alla relazione è breve e deciso, quello che li
condurrà a un’ossessione fatale sarà una corsa a perdifiato nei campi
incolti di vecchi, oscuri ricordi e dell’inconsapevolezza che,
dopotutto, quella relazione non è che l’ultimo di una serie di segreti.
La scuola dei giochi segreti è una spiazzante storia di frustrazione
suburbana, densa di solitudine, imprudenza, desiderio che spoglia della
ragione e voglia disperata di tornare indietro e rifare tutto
diversamente.
L'autrice:
Rebecca Coleman, nata a New York, è laureata in
Letteratura inglese all’Università del Maryland. Vive con la famiglia
non lontano da Washington, dove tiene corsi di scrittura creativa.
La mia recensione
Jude ha quarantatre anni, una famiglia, un lavoro che ama ma
anche un gran senso di insoddisfazione che le cova dentro. Di certo non può
dirsi vecchia, però si sente giunta a un punto morto. I suoi figli sono
cresciuti abbastanza da essere autonomi e suo marito sembra essere diventato un
estraneo. Completamente assorbito dal lavoro e dalle sue ambizioni non la degna
più di uno sguardo. La passione che un tempo li univa è sfumata senza lasciare
traccia, il matrimonio si è trasformato in una gabbia angusta in cui non c’è
più spazio per l’amore né per la tenerezza.
Jude non può farsene una ragione, in fondo si sente ancora
assetata di vita, il suo corpo reclama carezze e in segreto sogna una relazione
che torni a farle battere il cuore.
Il suo sogno, ben presto, si farà strada nella realtà ma
piuttosto che addolcirla di rosee sfumature la ammanterà di toni foschi perché
a farle correre i brividi lungo la schiena sarà Zach, un ragazzino di soli
sedici anni.
Jude è sconvolta, inorridita dalle sue sensazioni. Vorrebbe
ricacciarle nell’inferno da cui sono emerse, ma non è semplice. Anche Zach è
attratto da lei, la cerca, la desidera e non fa niente per nasconderglielo.
Così un bacio, quasi innocente, un errore commesso in un
momento di debolezza sarà la scintilla che scatenerà un incendio di torbida
passione.
Che male farà una
volta ancora?
Questo interrogativo, pensato e puntualmente taciuto, si
insinuerà come un tarlo nella mente dei due amanti e li spingerà sempre più a
fondo, in un baratro da cui non c’è ritorno.
Non c’è amore nella storia raccontata da Rebecca Coleman.
Sin dalle prime pagine si connota come una storia
sbagliata, una storia di insana ossessione, disturbante non solo perché ci
pone a confronto con un tabù ma perché ne mette a nudo i meccanismi ricordandoci
che la nostra stessa società non è immune a certi guasti.
Il background che fa da sfondo all’intera vicenda, al pari
di una cartina tornasole, ne enfatizza l’aspetto malato. Jude è una maestra
d’asilo apprezzata da tutti, è una pioniera dell’innovativo metodo Steiner e i
genitori della piccola comunità in cui opera fanno a gara per affidare a lei i
propri figli. Stando al suo ruolo, dovrebbe essere una garante dell’ordine
costituito, una sorta di fatina buona scelta
per preservare l’innocenza dell’infanzia. È l’ultima persona da cui ci si
aspetterebbe un comportamento come quello di cui si macchia. Ancor più
sconcertante è il fatto che la sua relazione con Zach nasca e si consumi
proprio tra le mura della scuola. Il ragazzo le viene infatti temporaneamente
affidato perché svolga delle ore di volontariato aiutandola ad allestire
un’asta di beneficenza.
Il ruolo sociale rivestito dalla donna si scontra dunque
violentemente con la sua sfera privata complicando il tutto. Benché ciò la
ponga nella condizione di essere additata ed etichettata come mostro, l’autrice
sospende il giudizio e, implicitamente, ci induce a fare altrettanto.
Rivelandosi un’ottima conoscitrice dell’animo umano, delinea
un ritratto psicologico di Jude molto approfondito spingendosi sino agli anni
della sua infanzia. Così facendo ci
fornisce tutti i tasselli necessari per comprenderla, sebbene ciò non
basti a giustificarla.
La stessa perizia psicologica contraddistingue la
caratterizzazione di Zach. La sua tenera età sicuramente lo pone nella
posizione della vittima più che del carnefice, cionondimeno il suo
comportamento suscita parecchi interrogativi.
Com’è possibile che due persone di età così diverse siano attratte
sessualmente l’una dall’altra?
Non era la sua
giovinezza a inebriarmi, ma il modo in cui lui faceva riaffiorare la mia,
confessa Jude mentre Zach ammette a se stesso di essere attratto dal gusto del
proibito, scoparsi una donna su un aereo che precipita è mille volte più eccitante che farlo in una camera da letto di una bella casa.
Un romanzo introspettivo, scabroso e intenso reso con una
prosa raffinata quanto avvolgente che non rinuncia all’eleganza neanche nelle descrizioni più osé. Lo si legge
con un nodo allo stomaco eppure non si riesce a distogliere l’attenzione. Si
avverte quasi il bisogno fisico di giungere all’ultima pagina per scoprire come
si concluderà la storia. Viste le premesse, è impossibile attendersi un lieto
fine, il realismo impregnerà anche le battute finali, non ci sarà sconto di pena per i protagonisti
ma neanche soddisfazione nell’assistere alla loro sconfitta.
A lettura finita, nonostante tutto, a prevalere è un senso
di compassione e di grande rispetto per il dolore, in qualsiasi forma si
manifesti.
D’altra parte, chi è
senza peccato scagli la prima pietra.
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