Titolo: Il colore del latte
Autrice: Nell Leyshon
Editore: Corbaccio
Collana: Narratori Corbaccio
Pagine: 180
Prezzo: 14 euro
Descrizione:
È la primavera del 1831
quando Mary incomincia a scrivere la sua storia. Scrive lentamente, ci vorranno
quattro stagioni perché racconti tutto. Ma non importa: scrivere è diventato un
bisogno primario per lei, come mangiare e dormire. Viene da una famiglia di
contadini, ha quindici anni, una gamba più corta dell’altra e capelli chiari
come il latte. Conosce solo la fatica del lavoro nei campi, proprio come sua
madre, suo padre e le sue sorelle. Conosce solo il linguaggio della violenza,
che il padre le infligge se non lavora abbastanza. Ma ha un cervello lucido e
una lingua tagliente. Un giorno il padre la allontana di casa perché il vicario
vuole una ragazza che accudisca la moglie malata. Mary non vuole abbandonare
l’univa vita che conosce, ma non ha scelta. E nella nuova casa imparerà a
scrivere, e scrivere rende liberi anche se la libertà ha un
prezzo.
L'autrice:
Nell
Leyshon è nata a Glatsboury, in
Inghilterra e vive nel Dorset. È autrice pluripremiata di numerose
sceneggiature, soprattutto teatrali. Passerà alla storia per il suo talent: è
infatti la prima sceneggiatrice donna a cui il Shakespeare’s Globe Trust abbia
mai commissionato (dalla sua fondazione nel 1599) uno spettacolo per il Globe,
il teatro più famoso del mondo, il luogo in sui Shakespeare stesso lavorò ai
suoi capolavori. Forse per l’influsso delle numerose sceneggiature prodotte, la
scrittura di Nell Leyshon coinvolge e assorbe immediatamente, i suoi personaggi
conquistano e convincono come fossero persone in carne e ossa. Il colore del
latte ha stupito la stampa e il pubblico internazionali e ha conquistato
tutti in casa editrice.
La mia recensione:
Quindici anni, capelli color del latte, una gamba più corta
dell’atra, la lingua svelta come quella
del gatto che lappa il latte dal secchio.
È l’anno del Signore 1831 e Mary affida a un quaderno i suoi
pensieri, la sua storia. Sono parole vergate a fatica le sue, parole di una
ragazza che non ha studiato perché nata e cresciuta in una famiglia di
contadini. Ultima di quattro sorelle, nella sua vita, non ha mai conosciuto
altro che la fatica del lavoro nei campi e la violenza di un padre padrone, un
padre che avrebbe preferito dei figli maschi e che non esita a usare le mani
per rimettere in riga chi non sgobba abbastanza.
I giorni trascorrono tutti uguali in quel microcosmo che non
riserva grandi gioie né sorprese, eppure Mary non vorrebbe essere altrove, si
sente il sole nelle gambe e le basta
poco per essere felice. Una corsa su in collina con le sorelle per aspettare
l’alba, è sufficiente a regalarle il sorriso o la speranza di un domani
migliore giacché il nonno dice che chi esprime un desiderio mentre guarda
sorgere il sole lo vedrà avverarsi l’anno successivo.
Lei non ha tanti desideri, sa di sognare ma non cosa di
preciso. Quando però suo padre le annuncia che ha deciso di mandarla a servizio
dal parroco comprende subito ciò che non vuole. Mary non vuole abbandonare la
fattoria che è tutto il suo mondo, non vuole separarsi dalle sorelle e
soprattutto non vuole lasciare il nonno perché lo ama e perché, da quando ha
perso l’uso della gambe e non è più buono a lavorare la terra, è l’unica a
prendersi cura di lui.
Opporsi tuttavia non serve a niente giacché è il
capofamiglia che comanda. Così Mary si ritrova costretta ad andare via e a
cominciare una nuova vita in una casa tanto diversa dalla sua, tra persone che
non conosce.
Sarà in quella casa che la ragazzina dai capelli chiari come
il latte perderà l’innocenza andando incontro a un destino amaro quanto
inimmaginabile ma sarà sempre lì che imparerà a leggere e scrivere e,
nonostante tutto, la scrittura la renderà libera.
Scandito dal trascorrere di quattro stagioni, il racconto di
Mary travolge il lettore come un fiume in piena. Le pagine che compongono il
romanzo ci vengono offerte come fossero i fogli originali su cui la ragazza
traccia a fatica le sue memorie. Lo stile narrativo è particolarissimo perché
rispecchia in maniera fedele e straordinariamente credibile il registro
espressivo della protagonista. Le minuscole dopo i punti, le imperfezioni
linguistiche, l’assenza di virgolette nei dialoghi, le espressioni gergali
rendono perfettamente l’idea di un diario redatto da una persona che, tra mille
difficoltà, ha imparato a leggere ricopiando le parole da una vecchia Bibbia.
Superati i primi attimi di “smarrimento”, ci si sente completamente calati nel
personaggio, si ha l’impressione di sentire la voce di Mary e finanche di
percepire gli odori dei campi, il tepore del camino acceso nella canonica, il
sapore del formaggio fatto in casa. Prive di qualsiasi filtro, le immagini si
susseguono vivide componendo un affresco dal sapore naif ma intriso di sentimenti
tanto profondi da scavare dei solchi nell’anima.
Attraverso gli occhi della sua protagonista l’autrice
descrive con grande efficacia tanto la condizione femminile nell’Inghilterra
dell’ottocento, quanto la cultura contadina, imprescindibile per comprendere a
pieno la storia narrata. Mary riflette nella sua personalità i tratti tipici
del background socio-culturale di appartenenza, una visione del mondo che
richiama alla mente “lo zappatore felice” di leopardiana memoria. Ignorante ma
scaltra, ingenua e sincera tanto da sembrare trasparente come vetro, accoglie
con semplicità la vita eludendo le speculazioni inutili ma non mancando di
osservare tutto ciò che la circonda con occhi accesi di curiosità. Ed è proprio la fiammella che arde in fondo
al suo sguardo a fare la differenza. In casa del parroco la contadinella si
vede circondata da libri, potrebbe limitarsi a spolverarli e riporli negli
scaffali così come le viene ordinato ma lei non può fare a meno di sentirsi
incuriosita dagli strani segni neri che affollano le pagine. Cosa avranno di
così speciale, come potranno mai quei pastrocchi trasformarsi in parole per chi
sa decifrarli?
Dovrà pagare un caro prezzo Mary per ottenere le risposte ma
in quelle risposte si anniderà il segreto del suo riscatto. Attraverso un
finale sconvolgente che colpisce come un pugno in pieno stomaco, Il colore del latte si rivela infatti un
meraviglioso inno alla scrittura intesa come veicolo di libertà.
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