martedì 26 marzo 2013

Recensione: Una principessa in fuga

Titolo: Una principessa in fuga 
Autrice: Elizabeth von Arnim 
Editore: Bollati Boringhieri 
Collana: Varianti 
Pagine: 256 
Prezzo: 16,50 euro
Descrizione:

La giovane principessa Priscilla è stanca, stanca morta della vita di corte, del protocollo, delle dame di compagnia e di tutti gli obblighi cui deve sottostare per il solo fatto di essere figlia del granduca Lothen-Kunitz. Così progetta la fuga da palazzo, una fuga inesorabilmente e frettolosamente anticipata non appena il granduca decide di dare Priscilla in moglie a un cugino. Accompagnano Priscilla il bibliotecario Fritzing e la cameriera Annelise, ignara del fatto che la principessa abbia deciso di trasferirsi in un piccolo cottage della campagna inglese soffocato dai rampicanti, senza servitù, per condurre finalmente una vita del tutto normale. Neanche a dirlo, presto i sogni si infrangono: i soldi finiscono, la cameriera avvilita tesse un ricatto ai danni di Priscilla, le famiglie del villaggio mal tollerano lo scompiglio che l’arrivo della principessa ha portato con sé.
Ma come in ogni fiaba che si rispetti, non manca il lieto fine. O quasi.



L'autrice: 


 

Elizabeth von Arnim (Mary Annette Beauchamp 1866-1941), nata a Sydney e cresciuta in Inghilterra, fu cugina di Katherine Mansfield e amica di E.M. Forster. In seguito al matrimonio con il conte H.A. von Arnim, figlio adottivo di Cosima Wagner, visse diciotto anni in Pomerania. Rimasta vedova, tornò in Inghilterra. H.G. Wells nell’autobiografia la descrisse come «la donna più intelligente della sua epoca». Visse tra Inghilterra, Svizzera, Francia e morì negli Stati Uniti. Tutti i suoi romanzi sono pubblicati da Bollati Boringhieri.

La mia recensione:

Essere una principessa non è necessariamente una fortuna. La bella Priscilla, figlia del granduca di Lothen- Kunitz, è davvero stufa del suo rango. È stufa dei protocolli da seguire, della dama di compagnia che le è sempre alle calcagna, degli obblighi di corte che le danno l’impressione di vivere in una gabbia senza mai poter essere davvero protagonista della sua vita. In segreto sogna di fuggire per correre incontro alla libertà.
Quando suo padre la promette in moglie a un cugino la ragazza comprende che è giunto il tempo di agire e di trasformare i suoi sogni di fuga in realtà. Priscilla non è sola nel realizzare il suo folle piano. Il signor Fritzing, bibliotecario di corte nonché suo precettore, accoglie le sue confidenze e accetta di seguirla. Alla compagnia si unisce infine la cameriera Annalise che riceve l’ordine di accompagnare la padrona in un viaggio senza essere informata dei suoi reali propositi.
I tre abbandonano così il palazzo e raggiungono un paesino sperduto nella campagna inglese: Symford. È qui che Priscilla ha in mente di cominciare una nuova vita sotto mentite spoglie. Per tutti sarà una persona comune dedita alla beneficenza perché, tra gli altri, la principessa coltiva il sogno di fare del bene.
In teoria sembra un piano facile da concretizzare ma in pratica nulla andrà come previsto.
Dismessi i panni di principessa e bibliotecario, Fritzing e Priscilla diventano per tutti zio e nipote.
Fingersi una giovane di umili origini ed essere credibile in un simile ruolo non è tanto facile per una nobile vissuta sempre nella bambagia, abituata a impartire ordini, allenata a camminare, parlare, atteggiarsi come una persona di alto rango. Non meno complicato è per Fritzing vestire i panni dell’anziano parente di colei che ha servito per anni. Gli occorre un grande autocontrollo per evitare di riverirla in pubblico o semplicemente utilizzare appellativi che desterebbero sospetto.
Che dire poi delle bugie? I due fuggiaschi ne devono inventare a bizzeffe ma la menzogna è un’arte che richiede ingegno e allenamento, doti che di sicuro mancano a chi non è avvezzo a praticarla. È sufficiente dimenticare di accordarsi su una versione da fornire per incappare in spiacevoli inconvenienti. Ecco allora che, appena giunta a Symford, Priscilla si presenta al parroco come signorina Schultz mentre un distratto Fritzing si presenta altrove come signor Neumann.
Finché basta un trattino per rimediare (il cognome verrà trasformato in Neumann- Schultz per camuffare la svista) non c’è nulla di cui preoccuparsi, ma cosa succede se i qui pro quo si moltiplicano?
Scoprirlo in questo caso si traduce in un grandissimo divertimento per il lettore. Dal momento della partenza in poi, la storia si sviluppa in una escalation di gaffe e situazioni equivoche davvero esilaranti. Con una verve ironica, travolgente al pari di un ciclone, Elisabeth Von Arnim delinea in maniera arguta le tappe di una vera e propria mission impossible. L’obiettivo di una vita semplice diviene un traguardo difficilissimo da raggiungere per la protagonista  giacché nell’attimo preciso in cui sembra farsi più vicino, con un inatteso colpo di coda, si allontana. Ma a complicare il gioco non è solo la necessità di recitare un ruolo radicalmente diverso dal proprio. La principessa, infatti, non fallirà solo in questo. I veri guai cominceranno quando animata dal desiderio di fare del bene finirà per seminare discordia e provocare danni in una comunità pacifica. Eh sì perché distribuire laute somme di denaro a destra e a manca, rimpinzare i bambini di dolci o regalare liquore a una vecchietta che lo richiede sono azioni che corrispondono a un’idea di bene piuttosto discutibile.
Priscilla è un personaggio che colpisce soprattutto per la sua smisurata ingenuità. Da un certo punto di vista è come una bambina vissuta nella totale ignoranza di quel che può riservare il mondo fuori con i suoi pericoli e le sue insidie. Fritzing dovrebbe controbilanciare questa sua debolezza essendo un uomo anziano che sicuramente ha tanta esperienza e ha avuto occasione di conoscere la vita all’esterno del palazzo, eppure finisce per farle da spalla divenendo la seconda metà di una stessa mela. Pecca anch’egli di ingenuità nel non costruire con la dovuta perizia il suo castello di bugie, nell’astenersi dall’intervenire tempestivamente ad arginare alcune situazioni critiche, persino nel non fiutare il tranello che la cameriera Annalise sta tessendo nell’ombra. Il suo è un atteggiamento che spiazza e indispettisce in fase iniziale ma, a lungo andare, si trasforma nel suo punto di forza, quello che lo rende un personaggio amabile in grado di conquistare per la sua tenerezza. Procedendo nella lettura ci si rende conto che la sua goffaggine è da imputarsi all’amore incondizionato che nutre per la sua protetta. Il sentimento che lo lega alla ragazza è paragonabile a quello di un padre premuroso, giacché molto simile a quello di un genitore è il ruolo che ha sempre rivestito per Priscilla, rimasta orfana di madre in tenerissima età e figlia di un uomo troppo impegnato per dedicarle davvero le giuste attenzioni. Ciò alimenta in lui uno smodato istinto protettivo che lo spinge a non deludere mai la principessa e a tenerla lontana da qualsiasi dispiacere o preoccupazione, esigenza questa che gli si ritorcerà contro facendo precipitare gli eventi.
Va comunque sottolineato che le note caratteriali di entrambi, così come quelle degli altri attori della storia, vengono volutamente esagerate dalla von Arnim che sembra divertirsi nel tratteggiare un ritratto caricaturale tanto dei suoi personaggi quanto della società che li circonda perseguendo il duplice obiettivo di provocare il riso e preservare un approccio critico al reale.
Prima d’ora non avevo mai letto niente di questa autrice che si è rivelata, per me, una bellissima scoperta. Mi sono letteralmente innamorata della sua comicità spumeggiante e, nello stesso tempo, sono rimasta stupita dalla modernità del suo stile narrativo, sorprendente se si pensa che parliamo di una scrittrice dei primi del ‘900. Leggere questo romanzo è stato un autentico spasso e mi ha trasmesso anche un piacevole senso di ottimismo perché se è vero che la povera Priscilla attraversa dei momenti difficili e, a un certo punto, la sua avventura rischia di trasformarsi in tragedia, non manca un simpatico lieto fine a ricordarci che l’ora più buia è pur sempre quella che precede l’alba.



 




























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