sabato 22 novembre 2014

Recensione: Amici

Titolo: Amici
Autrice: Yumoto Kazumi
Editore: Atmosphere Libri
Pagine: 190
Prezzo: 14,00

Descrizione:
Inizialmente, si potrebbe pensare che Amici sia la storia dei tre ragazzi protagonisti. Ma, come il racconto si sviluppa, un quarto amico emerge.Lui è un uomo anziano, spiato di continuo dai ragazzi: Kiyama, lo spilungone; Kawabe, il pazzo occhialuto; Yamashita, il grassone. I tre vogliono imparare a conoscere la morte: cosa significa, come appare, ciò che accade. Il vecchio sembra un buon candidato. Mentre osservano l’uomo, cominciano a interessarsi alla sua vita. Quando il vecchio si accorge di essere spiato, si infuria e forse ha un po’ di paura, in un primo momento, ma sceglie di diventare amico dei tre giovani per trascorrere del tempo insieme dopo l’orario di scuola. Il vecchio è un esempio per i ragazzi, ma non nel modo in cui lo immaginavano in origine. Lui diventa un amico, un amico adulto che insegna loro la vita semplicemente stando insieme e continuando a essere se stesso. Kiyama, Kawabe e Yamashita sono una sorta di disadattati, vittime di bullismo da parte di alcuni compagni di scuola. Diventano così un trio inseparabile, sempre pronti a lottare per crescere.
Anche se il romanzo è ambientato in Giappone, riguarda i problemi degli adolescenti di tutto il mondo. Tutti i ragazzi condividono la preoccupazione di non essere vittime di episodi di bullismo. La maggior parte di loro è curiosa tanto della vita quanto della morte, indipendentemente dall’eventuale condivisione dei sentimenti con un adulto.
Amici racconta una storia che riesce a trasmettere una prospettiva culturale e un tema universale. Il tema della vita e della morte è molto delicato, ma Yumoto Kazumi è riuscita ugualmente a creare un libro assai godibile che al contempo aiuta i ragazzi a riflettere. In definitiva, è una storia per conoscere se stessi e gli altri e il potere taumaturgico dell’amicizia.

L'autrice:


Yumoto Kazumi (1959) è nata a Tokyo e si è laureata al Tokyo College of Music (Tōkyō ongaku daigaku). Ha iniziato la sua carriera realizzando script radiofonici e televisivi, poi ha esordito come  autrice di libri per ragazzi nel 1992 con il romanzo Natsu no niwa (Amici). Il lavoro ha vinto il JAWC New Talent Award e il Japan Juvenile Writers Association Prize, è stato adattato per il cinema da Sōmai Shinji nel 1996, così come tradotto e pubblicato in oltre una dozzina di paesi in tutto il mondo; l’edizione inglese ha ottenuto il Boston Globe - Horn Book Award e il Mildred L. Batchelder Award. Il suo Nishibi no machi è diventato uno dei finalisti del premio Akutagawa nel 2002, e Kishibe no tabi (in uscita nel 2015 una versione cinematografica di Kurosawa Kiyoshi) è stato finalista al premio Oda Sakunosuke nel 2010.

La mia recensione:
 
Cosa succede quando si muore? È una domanda con cui tutti, prima o poi, siamo chiamati a confrontarci. Solitamente immaginiamo gli adulti alle prese con simili quesiti, ma i bambini non sono immuni a questo tipo di curiosità. Il nostro istinto è quello di proteggerli, di far sì che nell’infanzia ci sia spazio solo per i pensieri felici, nell’immaginario comune, la morte non dovrebbe essere argomento per i più piccoli, ma non sempre le cose vanno come vorremmo.
Kiyama, Kawabe e  Yamashita, che sono amici inseparabili e frequentano la sesta classe delle elementari, alla morte non hanno pensato mai.  Tuttavia, quando uno di loro si assenta da scuola per partecipare al funerale di una persona cara, il loro desiderio di conoscere si accende.
Che aspetto ha un morto? Dove va davvero una persona quando il suo cuore cessa di battere? Diventa un fantasma? E se sì, come sono fatti i fantasmi?
“Finora avevo creduto che fossero qualcosa di leggero e svolazzante” confesserà Yamashita, di ritorno dalle esequie della nonna, “e invece io sono sicuro che pesano da morire. Quanto un sacco pieno di sabbia.”
È da queste riflessioni che tutto ha inizio. Yamashita non ha visto abbastanza per poter fornire delle risposte, mentre Kiyama e Kawabe non hanno mai osservato un morto da vicino, per cui non hanno elementi a sufficienza per capire quale sia la verità. Stabiliscono così che l’unico modo per venire a capo dell’enigma sia osservare una persona mentre esala l’ultimo respiro. Individuano allora un anziano malato e solo, che si dice sia prossimo alla fine, e cominciano a tenerlo d’occhio sistematicamente, in attesa di vederlo morire.
Un gioco insolito, strambo, macabro, perverso… apparirà così, in principio,  il piano ideato dai tre ragazzini. Quasi fossero tre giovani sciacalli, organizzeranno dei veri e propri appostamenti nei pressi della casa del vecchio prescelto. Spiarlo diventerà il loro passatempo preferito.
Il presunto moribondo però non si rivelerà stupido e nemmeno distratto, sicché, quando si accorgerà di loro, la storia assumerà una nuova piega e le regole del gioco finiranno per essere ribaltate.
Yumoto Kazumi, scompaginando i soliti schemi, scrive dunque  un romanzo per ragazzi scegliendo di affrontare un tema “per adulti”. I suoi piccoli protagonisti sono catapultati in una grande avventura in cui non ci sono draghi, cavalieri, eroi o poteri magici e, ciononostante, non manca un grande tesoro da scoprire. Quella a cui sono chiamati è l’avventura della vita.
Curiosando sulla morte, Kiyama, Kawabe e Yamashita vedranno rinsaldarsi la loro amicizia, conquisteranno un nuovo amico speciale – il vecchio – e soprattutto cresceranno, preparandosi ad affrontare il futuro che li aspetta.
Probabilmente non è un caso che siano tutti e tre a un punto di svolta: il ciclo della scuola primaria sta per concludersi, si preparano ad accedere a un grado di istruzione che rappresenta un passo in avanti verso l’età adulta,  a confrontarsi con le prime importanti scelte e con ciò che vorranno fare da grandi. In un certo senso si preparano a morire come bambini per rinascere uomini.
A partire da una prospettiva inconsueta, l’autrice ci regala uno stupendo affresco della preadolescenza, in grado di stupirci, di spiazzarci, di farci sorridere e, nello stesso tempo di affrontare aspetti spinosi come il bullismo o le problematiche connesse alla famiglia nell’attualità.
Man mano che la trama si evolve, infatti, si delinea il background da cui provengono i tre protagonisti e le loro storie personali prendono forma. Emerge così il ritratto di tre piccoli emarginati, vittime dei bulli a scuola, di tre ragazzini diversi anche perché provenienti da famiglie allo sbando. Yamashita è obeso, Kiyama ha una madre alcolizzata e Kawabe  non ha mai conosciuto suo padre. Tre casi “straordinari”, ma non troppo in una società che subisce gli scossoni di un indebolimento dei valori tradizionali.
Chiaramente, il modello sociale di riferimento è quello giapponese – e da questo punto di vista il libro diventa anche una interessante fonte di informazioni per chi, come me, conosce poco questa realtà −, ma le tematiche trattate hanno carattere di universalità.
Delicato  e profondo allo stesso tempo, Amici, oltre a essere perfetto per i lettori giovani, è un romanzo senza età, di quelli che andrebbero letti e riletti infinite volte e che a ogni lettura riescono a lasciarti qualcosa. Una bellissima riflessione sulla morte che esalta il senso della vita.








 

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