sabato 2 aprile 2016

Recensione: Spietati Gentiluomini

Titolo: Spietati gentiluomini 
Titolo originale: Wicked Gentlemen 
Autore: Ginn Hale  
Traduttore: Ida Giannini 
Editore: Triskell 
Lunghezza: 219 pagine 
Formato: pdf, epub, mobi 
Genere: fantasy 
Prezzo: 4,99 €

Descrizione:  
Belimai Sykes è molte cose. È un prodigo, il discendente di antichi diavoli, una creatura di oscure tentazioni e rari poteri. È anche un uomo con un passato brutale e una pericolosa dipendenza. E Belimai Sykes è l’unico uomo a cui il capitano William Harper può rivolgersi quando deve affrontare una serie di sanguinosi omicidi. Il signor Sykes, però, non lavora gratuitamente e il prezzo della sua frequentazione costerà al capitano Harper ben più della propria reputazione. Dai palazzi sontuosi dei nobili, dove la vivisezione e la stregoneria sono celati da una patina dorata, ai quartieri malsani dei Bassinferi, il capitano Harper deve combattere per la giustizia e per la propria vita. Ha molti nemici e il suo unico alleato è un diavolo che conosce fin troppo bene. Sono questi i pericoli che si incontrano quando si ha a che fare con gli spietati.


La mia recensione:
Ho sempre pensato alla Santa Inquisizione come a un pauroso concentrato di atrocità e ipocrisia, giacché torturare e uccidere in nome di un dio è una contraddizione in termini. 
Spietati gentiluomini prende spunto da una considerazione simile per elaborare un universo narrativo in bilico fra distopia e romanzo gotico.
In una realtà futura o parallela, gli Inquisitori sono diventati i padroni del mondo. Sono loro che detengono il potere assoluto, religioso e politico, un potere conquistato anche grazie a un massiccia opera di “pulizia” degli inferi. Sì, perché i diavoli (non a caso, qui denominati prodighi) sono stati tutti strappati al loro luogo di origine, resi innocui – o quasi – in virtù di un laborioso processo di redenzione e confinati in una città, che la dice lunga sul macabro senso dell’ironia di chi l’ha progettata: Hopetown (Città della Speranza). Una sorta di ghetto fatiscente, in realtà, in cui la speranza si perde nel degrado, nella mancanza di libertà, nei fumi delle droghe…
La verità è che l’Inquisizione ha affinato i suoi metodi, facendo crescere a livello esponenziale la sua capacità di distorcere la realtà per asservirla ai suoi loschi scopi, di spacciare per giustizia e amore i crimini più abietti. Anche le tecniche di tortura si sono evolute: gli Inquisitori hanno  capito che infliggere dolore non è l’unica strada percorribile, poiché anche negare il piacere può rivelarsi una strategia efficace al fine di asservire un dannato.
Il prodigo Belimai Sykes lo sa benissimo perché in passato è stato arrestato e torturato e, dopo aver provato il dolore inflitto dal fuoco e dalle macchine di preghiera, ha sperimentato il senso di benessere procurato dall’oforio, fino a diventarne schiavo. Benché l’Inquisizione, alla fine, lo abbia rilasciato, non può dirsi libero poiché è rimasto dipendente da quella droga di cui non può più fare a meno.
In questa particolarissima cornice dalle atmosfere gotiche, si snoda il romanzo, un vero e proprio crossover in cui confluiscono elementi riconducibili a diversi generi letterari: al distopico cui ho già accennato, si mescolano anche elementi urban fantasy, polizieschi e romance.
Protagonista è Belimai, insieme a un personaggio che rappresenta la fazione opposta: William Harper, capitano dell’Inquisizione. I due si incontrano quando l’Inquisitore si rivolge, ufficiosamente, al demone affinché lo aiuti a risolvere un caso di interesse personale. Joan, la sorella di William è scomparsa e lui ha motivo di credere che sia in serio pericolo, in quanto aveva ricevuto minacce da alcuni esponenti della Buona Causa (una sorta di setta che si batte per difendere i diritti dei prodighi e denunciare la corruzione del clero). Harper ritiene che il signor Sykes possa acquisire più facilmente informazioni al fine di ritrovarla, viva o morta, proprio in virtù della sua natura. Nasce così un sodalizio per risolvere il giallo. L’esperienza condivisa, tuttavia, si trasformerà in qualcosa che va ben oltre una collaborazione di lavoro. Strada facendo fra i due uomini, che in teoria dovrebbero essere nemici giurati, scatterà una profonda attrazione che li avvicinerà sempre di più sul piano intimo. Ma non è tutto. Indagando e conoscendo più da vicino anche i prodighi, Harper comincerà a mettere in discussione ciò in cui ha creduto fino a quel momento. Al primo mistero su cui indaga, presto se ne aggiungerà un secondo ed entrambi i casi poteranno alla luce una verità sconcertante, una verità che mette in dubbio la buona fede dell’Inquisizione e reca il tanfo di un vero  e proprio complotto.
L’originalità è, sicuramente, uno dei maggiori punti di forza di quest’opera.  Ginn Hale fa un bel rogo – tanto per restare in tema – di tutti i luoghi comuni sui diavoli e sull’eterna lotta fra bene e male, tratteggiando uno scenario in cui non c’è spazio per i falsi perbenismi. Gli schieramenti ci sono – abbiamo demoni contro inquisitori – e sono chiaramente in guerra fra loro, ma stabilire chi siano i buoni e chi i cattivi risulta un’impresa ardua.
Ho apprezzato tanto l’umanità con cui l’autrice dipinge i prodighi, creature in cui la crudeltà convive anche con i buoni sentimenti; esseri capaci di infliggere dolore e di soffrire a loro volta, di odiare ma non meno di amare, come qualsiasi individuo. D’altra parte, a più riprese, ci ricorda che i diavoli sono angeli caduti, probabilmente la differenza fra gli uni e gli altri sta solo nella parte da cui scelgono di schierarsi.
Dolcissima e delicata è la storia d’amore che alimenta la componente romance. Nella prima metà del libro rimane sullo sfondo, appunto perché Sykes e Harper si accostano per gradi l’uno all’altro, inizialmente si guardano con sospetto e tentano di sottrarsi alle emozioni che provano, in quanto sconvenienti. Nella seconda metà, invece esplode, anche se in maniera quasi sussurrata: assistiamo a una sola scena di sesso, peraltro descritta con grande raffinatezza. Una delle caratteristiche di questo romano è proprio l’assenza di descrizioni troppo esplicite, non solo in materia di erotismo, cosicché rimane sempre un ampio margine per l’immaginazione di chi legge.
Insolita è anche la struttura, la storia infatti è divisa in due parti, contrassegnate da due diversi titoli e da un cambio di POV. Nella prima, il racconto è reso da Sykes in rima persona, mentre nella seconda passiamo al punto di vista di Harper, reso in terza. Nell’uno  e nell’altro caso, lo stile si connota per la sua impronta fortemente poetica, molteplici sono le immagini e le figure retoriche che si rincorrono di frase in frase, scatenando una serie di suggestioni, visive, olfattive, tattili, di grandissimo impatto.
La parte prettamente legata alle indagini mi è parsa un po’ povera di suspense. Non ci sono indizi disseminati nel testo a uso del lettore e i misteri si risolvono in maniera molto lineare, senza grandi colpi di scena, ma nell’insieme non è che una  pecca quasi trascurabile.
Consigliato se desiderate una ventata di novità.



   











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