giovedì 27 febbraio 2014

Recensione: Cento di questi giorni

Titolo: Cento di questi giorni
Autore: Simone Guidi
Editore: selfpublishing
Formato: Ebook
Pagine: 203
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Descrizione:
Marco Caniparoli è un giovane alla soglia dei trent’anni. Ha un buon lavoro che gli permette di condurre un tenore di vita agiato e la sua unica preoccupazione è quella di ricordarsi cosa ha combinato la notte precedente al suo risveglio. In un caldo giorno d’agosto viene invitato a partecipare a un matrimonio anglo-italiano di una vecchia amica. Si ritroverà coinvolto in situazioni  grottesche e divertenti, che gli faranno vivere una giornata lontanissima dal classico protocollo. Insieme a Marco partecipano altri personaggi minori; un rasta nichilista, uno spacciatore sovrappeso con gentile consorte psicolabile, una coppia di perfetti innamorati e due sposi completamente irresponsabili. La giornata volgerà al termine portando con sé radicali cambiamenti nella vita di ognuno e svelando insospettabili drammi personali. Il tutto durante un matrimonio che fondamentalmente non interessa a nessuno.

L'autore:

Simone Guidi  ha 40 anni e vive nel cuore della Valfreddana, Lucca. Dal 2002 ha iniziato a scrivere per diletto, poi qualcuno gli ha detto che era bravo e da allora non ha mai smesso. Nel 2007 ha pubblicato il suo primo libro, nel 2009 il secondo. Il terzo se Dio vorrà.
Nota bene: è uno che quando si siede al ristorante ha l’aria di essere stato già servito. 
 
La mia recensione:
 
Si dice che quello del matrimonio sia il giorno più bello. All’alba del suo, Giulia non sembra esserne del tutto convinta; non è più così sicura che Ted sia l’uomo giusto e l’idea di compiere il grande passo la spaventa. Rintanata nel bagno di casa temporeggia, mentre un nugolo di parenti e amici scalpita affinché venga fuori e onori l’impegno preso.
Per l’occasione la sua famiglia ha speso una cifra da capogiro e un’orda di inglesi − i parenti dello sposo che ha origini straniere − è già approdata in quel  di Sassella.
È davvero troppo tardi per tirarsi indietro.
Nel frattempo gli invitati ignari si preparano per partecipare al grande evento.
Fabio Curtis, lunghi rasta e abiti di dubbia eleganza, parte in sella alla sua vespa insieme a Marika − un tempo la sua ragazza, adesso semplice coinquilina.
Marco Caniparoli, fighetto DOC, si prepara a travestirsi da capitano di Star Trek per tener fede a una vecchia scommessa persa con la sposa.
William (alias Massimiliano Vitalino), spacciatore di provincia decisamente oversize, lotta per allacciarsi i pantaloni, spalleggiato dall’avvenente mogliettina Laura − l’auto che li condurrà alla festa debitamente equipaggiata di roba atta a garantire lo sballo.
Sarà attraverso i loro occhi che seguiremo lo svolgersi delle nozze, a partire dai momenti che le precedono sino all’epilogo. Al loro punto di vista si aggiungerà anche quello di  Irene (sorella di Giulia) affiancata dal fidanzato Alessandro.
Pur rappresentando il perno intorno a cui ruota la narrazione, chiaramente il matrimonio non è che la punta di un iceberg. Così come in Eravamo soltanto amici, Simone Guidi trasforma un momento conviviale e che rappresenta anche un punto di svolta nella vita delle persone coinvolte, in una sorta di lente attraverso la quale osservare gli esseri umani e il tempo che passa.
I matrimoni, come del resto i funerali, spesso offrono irripetibili occasioni per rincontrare vecchie conoscenze e per fermarsi a riflettere sul proprio percorso. Osservando i cambiamenti sui volti degli altri, soffermandosi a valutare le loro scelte, a confrontare il punto da cui sono partiti con quello a cui sono arrivati, si finisce per guardare dentro se stessi.
Lo specchio della festa restituisce così a Fabio il ritratto di un perdente che ha avuto al suo fianco una donna apprezzabile ma l’ha lasciata andare; mostra a William il vero volto di sua moglie sbattendogli in faccia i suoi personali fallimenti e le sue insicurezze; sbeffeggia Marco indicandogli poi una via per cambiar rotta e dare una vera sterzata alla sua vita; sorride a Irene confermandole di aver trovato il vero amore.
Da semplici invitati, i personaggi a cui viene affidato il compito di fornirci una cronaca del grande evento diventano dunque protagonisti assoluti. Attraverso flashback e accadimenti presenti, assumono contorni sempre più nitidi, si lasciano conoscere dal lettore e finiscono per mettere in scena le loro stesse esistenze.
La storia di un matrimonio diviene così storia di più vite che si intrecciano ma non solo,  i suoi attori diventano rappresentanti di uno spaccato sociale ad ampio raggio.
L’atmosfera assolutamente spassosa è quella tipica della buona commedia all’italiana (penso ai film di Tognazzi o di Verdone per esempio), caratteristica questa che si connota un po’ come il marchio di fabbrica delle opere firmate da questo autore. La trama si snoda vivacissima seguendo il filo brioso di una serie di gaffe e situazioni esilaranti. Leggendo si ride a crepapelle e fino  a un certo punto il sentimento prevalente è di pura allegria. Man mano che la storia  si avvia alle battute finali, però, affiora anche un senso di tristezza misto a disincanto e l’ilarità sfuma in un sorriso dolceamaro. È il sorriso che inevitabilmente si accompagna agli anni che passano, agli errori commessi, alle occasioni mancate ma è anche lo stesso che si lega alle belle speranze e ai ricordi destinati a rimanere indelebili.
Un romanzo spumeggiante e profondo allo stesso tempo, consigliato a chi desideri concedersi qualche ora di sano divertimento non rinunciando a una doverosa riflessione sul senso del nostro vivere.





 

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